venerdì 30 agosto 2013

«Ultima sfida per collocare il Pd in un tempo nuovo»

Intervista di Gianni Cuperlo a Libertà di Piacenza del 27 agosto

Giovanni “Gianni” Cuperlo, candidato nazionale alla segreteria del Pd, sarà a Piacenza sabato 31 agosto (alle 19), alla festa Dem di Sant’Antonio, introdotto da Giulia Piroli. Triestino, classe ‘61, laurea al Dams, deputato e presidente del Centro Studi sul Pd, ha un profilo giovane ma radici profonde: è stato responsabile, tra il 1988 e il 1992, della Fgci prima, della Sinistra Giovanile poi.

On. Cuperlo, perché si è candidato alla segreteria nazionale del Pd?
«Discutere senso, identità e ragioni del nostro partito e candidarsi a guidarlo è cosa tra le più impegnative che possano venire in mente. Mi è stato chiesto e ho accettato la sfida, credo profondamente in questo progetto e sono convinto che siamo di fronte a una prova decisiva, forse l’ultima, per ricollocare il Pd e la sinistra in un tempo nuovo».
In una battuta, chi è Gianni Cuperlo?
«Ho un’età nella quale dir bene di sé equivale a dare il peggio di sé. Spero semplicemente di essere una persona matura».

Lei é stato portavoce di D’Alema, ne ha ottenuto il sostegno ufficiale, anche dalla Cgil arriva l’appoggio alla sua candidatura, legami che potrebbero pregiudicare i consensi di chi cerca un rinnovamento nel futuro leader.
«Vivo sostegno e appoggio, da qualunque parte provengano, come un incoraggiamento e uno stimolo. D’Alema è una personalità del Pd. Quanto alla Cgil, ho attenzione e rispetto profondo per il più grande sindacato italiano. Nessuno può pensare di ridare centralità al lavoro senza la collaborazione e l’ascolto delle forze sindacali. Il tema del rinnovamento per un Paese come il nostro è decisivo. Però bisognerebbe sempre fare attenzione a non considerare l’età anagrafica o addirittura l’inesperienza come garanzia di innovazione. Si può finire col confondere il nuovo con l’improvvisazione. Io cerco sempre di valutare ciascuno per ciò che propone e per ciò che fa. Vorrei che valesse anche per me».

E che ne dice delle dichiarazioni del bersaniano Zoggia che prefigura un allungamento del mandato ad Epifani e la candidatura diretta di Letta senza congresso e senza primarie, Renzi ha bollato l’idea come irresponsabile, il suo parere?
«Il Pd e le coalizioni di cui ha fatto parte hanno sempre scelto il candidato premier con le primarie. Non vedo ragioni per abbandonare un metodo aperto e democratico per individuare la personalità capace di raccogliere il consenso più ampio. Ho sempre detto: facciamo il congresso e facciamolo prima possibile. Col voto di febbraio e nelle settimane successive sono accadute cose importanti e gravi. Il segretario Bersani, assumendo su di sé responsabilità certamente non solo sue, si è dimesso insieme al gruppo dirigente. Abbiamo un bisogno vitale di una discussione franca. Delusione, sfiducia, disamore sono sentimenti crescenti nel nostro elettorato. Nel documento che ho presentato in questi giorni parlo di un ‘congresso costituente’ perché, in un certo senso, il Pd va costruito per la prima volta. Per farlo c’è bisogno di alternative ideali e culturali, di un confronto coraggioso sull’Italia che vorremmo, negli Stati Uniti d’Europa».

Quale Pd si immagina? Lei ha parlato di un modello-Pisapia.
«Voglio un partito che torni a essere prima di tutto una comunità di sentimenti, destino, valori condivisi. Che non si identifichi nelle istituzioni e non pensi di esaurire la propria funzione nel ‘servire’ il leader di turno, per quanto autorevole. Un partito in cui il merito venga prima della fedeltà e dove si torni a investire nella formazione. Dobbiamo restituire valore alla scelta di prendere la tessera, i circoli devono tornare a essere luoghi di discussione e confronto e non comitati elettorali permanenti. Penso a un partito aperto, perché molto di buono è fuori da noi, nei movimenti, nelle associazioni, nel volontariato. Per fare questo sarà necessario investire di più anche nella Rete. Credo sia questa la strada per tornare ad appassionare alla politica almeno un paio di generazioni, quelle cresciute nell’ultimo ventennio».

Ce la farebbe a tenere insieme l’anima laica e il Dna cattolico dei Dem?
«Io non vedo affatto una contrapposizione tra un’anima laica e una cattolica nel Pd. Non dobbiamo avere paura delle differenze e penso che in questi anni ci siamo confrontati troppo poco su visioni e identità. Molti problemi nascono da qui perché se al centro non mettiamo le idee non restano che le correnti. Anche per questo c’è bisogno di un congresso ‘vero’».

In risposte-lampo,la sua posizione sui diritti civili, unioni di fatto, matrimoni gay, eutanasia legale, ius soli.
«La sfida che abbiamo di fronte è quella di una “rivoluzione della dignità” che ricollochi al centro delle politiche una fede laica nelle persone, il che vuol dire fondare un nuovo patto democratico sulla promozione dei diritti umani, universali e indivisibili.
Se partiremo da qui, le risposte verranno da sé: uguali diritti e doveri per tutte le unioni d’amore; libertà e responsabilità di scelta per ciascuno sulle questioni fondamentali dell’esistenza, compreso il fine vita e tenendo conto che nessuno tra noi teorizza l’eutanasia. Una legislazione equilibrata e ‘dolce’ su queste materie è la chance per squarciare il velo di arretratezze e pregiudizi e far fare a un’intera comunità un passo avanti verso l’Europa.
Ecco perché la cittadinanza ai bambini nati in Italia ha un impatto che va oltre la legge come le norme contro il femminicidio».
Il Paese che vorrei, un’idea per il lavoro.
«Sono convinto che questo Paese vada ricostruito dalle fondamenta facendo leva su una democrazia rinnovata. Dove l’economia torni a essere civile e l’impresa responsabile; dove la capacità e la voglia di realizzare se stessi col lavoro valga più della nascita o del patrimonio. L’Italia è profondamente disuguale e ingiusta. Per noi, per la sinistra, un rinnovamento di questa portata non può che passare dal recupero del valore sociale e morale del lavoro, tutto il lavoro, a cominciare da quello delle donne. Servono risorse e io credo che vadano cercate nelle rendite e nelle speculazioni, nelle sacche di privilegio, tra i ‘pochi’ che la crisi non ha colpito a danno dei ‘molti’ esclusi e impoveriti».
Caso Berlusconi e agibilità politica, torna in auge l’amnistia, ma lei ha detto che su questa partita il Pd si gioca l’anima e non si deve restare al governo a tutti i costi, ma se si va al voto i sondaggi premiano ancora una volta il Cav.
«Qui non è in gioco solo l’anima del Pd, che pure, dal mio punto di vista, non è poco. Qui parliamo della sopravvivenza dello Stato di diritto e della tenuta di un intero sistema democratico. Il principio invalicabile è quello della supremazia della legge. Il consenso, la popolarità, la ricchezza, il potere... nessuna caratteristica personale può consentire a un individuo di porsi al di sopra della legge. C’è una sentenza e va applicata. Punto. Sondaggi ed esiti elettorali vengono dopo».
Dialogo sempre impossibile con M5S?
«Una forza che raccoglie più di otto milioni di voti non può e non deve essere ignorata, ma M5S non ha ancora dimostrato nei fatti di voler davvero stare nelle istituzioni con spirito costruttivo. Se arrivassero segnalieri in questa direzione non sarebbe il Pd a sottrarsi».
Con Monti e poi Letta si può dire che in questi due anni Pdl e Pd abbiano governato insieme, i risultati non sono esaltanti.
«Questa strana maggioranza nasce per affrontare alcune priorità che sono, sul piano economico e sociale, il sostegno a famiglie e imprese strangolate dalla crisi; affrontare lo scandalo degli esodati e una disoccupazione drammatica; intercettare i segnali di ripresa dell’economia; promuovere una diversa strategia economica e fiscale a livello europeo. Mettere in sicurezza le istituzioni e cambiare la legge elettorale. Credo che Letta si sia mosso nella direzione giusta e si registrano alcuni segnali positivi. Il premier ha più volte ribadito che non si andrà avanti a ogni costo, sono d’accordo con lui. Ma, lo ripeto fino alla nausea, c’è una cosa che non possiamo permetterci: tornare al voto con questa legge elettorale».

Andiamo sul personale, come se la cava con i social network? Il suo blog appare un po’ intellettuale.
«Non lo prendo come un insulto».
Il momento più bello della sua giornata?
«Quando riesco a leggere, cosa purtroppo che avviene sempre meno».
Patrizia Soffientin

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