venerdì 29 novembre 2013

Comunicato 105° Quelli che l'apparato....

Di Fausto Anderlini

Gli analisti del C&LS hanno misurato che fra metà settembre e metà novembre i giornali nazionali hanno dedicato a Renzi 130 articoli di prima pagina, 43 a Civati e solo 15 di Cuperlo. Per ciò che concerne Repubblica e Corriere il rapporto Renzi/Cuperlo è di 10 a 1. Analoga la situazione nella copertura televisiva. Ad onta di questo trattamento gli analisti rivelano come le rade presenze televisive abbiano messo in luce un Cuperlo "efficace nei contraddittori, pacato ma deciso, capace di ironia e di richiamo epico". La sinistra italiana ha visto emergere dal proprio seno un leader autorevole, autonomo e capace di irradiare un messaggio all'altezza del tempo 'storico' che stiamo vivendo. Io non so se vinceremo. Di sicuro non ci faremo turlupinare dagli apparati di stampa e propaganda. Gli unici che si vedono in giro. Qualunque sia l'esito resteremo uniti e metteremo questa forza collettiva a servizio del progetto sociale, politico e culturale che ci ha fatti ritrovare. Non usciremo dal berlusconismo per consegnarci ai suoi epigoni.
Inoltre ricordiamoci cosa avvenne durante e dopo le elezioni di Febbraio. Durante la campagna elettorale Renzi si limitò a qualche presenza, il minimo sindacale per coprirsi le spalle. Dall'altro lato si preoccupò di piazzare al meglio la sua corrente. Ognuno di noi ha innumerevoli esempi sulla 'lealtà elettorale' dei renzidi. Come scrive Angelica Lubrano di quel 40% per Renzi nel ballottaggio con Bersani un 20% si buttò in modo evidente su Scelta Civica (vedi la mente, Ichino, e la pancia, Adinolfi.....) e una parte dichiarò di aver votato per Grillo. Naturale, perchè se Renzi diceva che il PD è responsabile di tutti i mali e che i dirigenti son da rottamare,"tutti a casa", Grillo era la scelta più indicata.....

giovedì 28 novembre 2013

“Una grande quantità di uomini e donne di qualità”

L' Italia ha bisogno della scuola, la scuola ha bisogno di certezze.


Prima di scrivere un programma per la scuola e la formazione è necessario
porsi due domande:
1) Quale scuola vogliono gli italiani ?
Nonostante,nei lunghi anni di governo della Destra, i tagli nell'orario, nella
didattica, nelle risorse siano stati accompagnati da una campagna di
denigrazione senza precedenti nella storia della Repubblica, e nonostante il
peso fiscale sia sempre più gravoso da sostenere per una grande parte delle
famiglie, gli Italiani sono consapevoli dell'importanza della scuola e della
formazione, per il presente e per il futuro.
Gli studenti ed i giovani lo hanno dimostrato con ripetute manifestazioni
importanti. Molti genitori si battono da anni per la salvaguardia delle migliori
esperienze. Gli insegnanti non si rassegnano a subire una riduzione costante
del ruolo sociale della scuola e della professione docente.
Un grande numero di insegnanti, dirigenti e tecnici ha testimoniato nel
concreto la propria profonda convinzione del valore della scuola. In una
scuola ferita e impoverita, hanno proseguito il loro lavoro, cercando di
resistere ai tagli e mantenere il miglior livello possibile con un impegno
professionale sempre maggiore.
Si tratta di uno sforzo generoso, cui non si può chiedere di durare
indefinitamente.
Il primo dovere della politica è ascoltare, raccogliere queste volontà e sulla
loro forza costruire il cambiamento.
2) A cosa serve e a cosa deve servire la scuola?
La scuola diffonde e produce cultura e la cultura è un valore in se, anche a
prescindere dall'economia.
Ma la scuola è essenziale per far ripartire la società italiana impoverita e
bloccata dalla crisi, è essenziale per lo sviluppo e la sua qualità.
Non si può e non si deve ridurre il compito sociale della scuola alla selezione
e formazione della classe dirigente.
Oggi, in un mondo sempre più piccolo la medesima competizione globale
richiede al nostro paese di diventare una società con una grande quantità di
uomini e donne di qualità. E' necessario quindi un avanzamento generale
delle condizioni culturali diffuse.
E la scuola resta il principale soggetto che può contribuire a raggiungere
questo obiettivo.
D'altra parte sono proprio i gravi risultati delle recenti indagini OCSE a far
riflettere sulla necessità di una intera società competitiva non solo sul ruolo di
ristrette eccellenze.
La scuola italiana non è troppo grande.
Deve essere più efficiente ma non abbiamo: ”troppa scuola”.
Bisogna puntare alla sua promozione e non alla sua riduzione. Non è solo la
solidarietà che ci spinge a volere una scuola che non lascia nessuno fuori
dalle sue porte ma è la crisi medesima che lo impone.
Al contrario il paese ha bisogno di una buona scuola, inclusiva, basata
sull'obiettivo di innalzare il livello culturale e civile dell'intero Paese, formativa
ed educativa, dotata di edifici sicuri e di strumenti adeguati, basata su
percorsi a tempo lungo e inserita in un più vasto sistema di educazione
continua, per tutto l'arco della vita.
La crisi continua , una svolta e' mancata.
Il Governo Letta ha fatto una prima inversione di marcia rispetto ai tagli ma
resta intera la sofferenza nella vita concreta della scuola.
---scuola ridotta nell'orario e nella qualità nella primaria, nelle discipline e nei
laboratori nelle superiori
---contratti fermi
---fondi disponibili per gli istituti ripetutamente tagliati
Un rinnovato centrosinistra deve fare della priorità della scuola una sua
identità. La scarsità delle risorse non cambierà, ma proprio per questo ci
vuole una decisione politica, condivisa con i cittadini, sulle priorità.
Se c’è un settore per il quale è giusto che altri ambiti rinuncino a qualcosa, è
quello della ricerca e della formazione, dell'Università e della cultura.La
scuola e la formazione devono tornare al centro del confronto politico e
dell'azione di Governo.
Ma la complessità delle scelte da fare e la difficoltà della loro gestione
richiede una “intelligenza diffusa” che affermi la discussione,
l’approfondimento, la cooperazione, così nelle politiche scolastiche, così nella
vita delle scuole.
La strada è quella della autonomia , che va confermata e ripensata e
concretamente sostenuta, molto più di quanto non sia finora avvenuto.
La scuola dell'autonomia deve avere un quadro nazionale di risorse certe e di
programmi innovativi, che raccolgano, con una pratica di ascolto e
partecipazione, il meglio che si è fatto e si fa.
L'autonomia è necessaria per raccogliere l’evoluzione culturale, la diversità
dei soggetti che alla scuola si rivolgono con proprie e legittime aspettative,
per realizzare un sistema formativo che sappia operi per tutti i cittadini
indipendentemente dalla loro età e provenienza, per valorizzare le differenze
territoriali, per non disperdere tradizioni specifiche ed esperienze in campo
educativo.
Ma l'autonomia non è stata gestita sempre come era necessario: il Ministero
e i suoi uffici decentrati, hanno di fatto compiuto scelte contrarie, e, nel
quadro di un centralismo mai terminato, le scuole non hanno saputo e voluto
praticarla in tutte le sue potenzialità.
Anche le Regioni e le comunità locali devono recuperare un serio ritardo,
sviluppando politiche di riconoscimento del ruolo della scuola e di
potenziamento delle reti di collaborazione. Le Istituzioni locali debbono
considerare gli istituti scolastici, la loro programmazione ed i loro progetti, e
non solo le loro difficoltà, non un nuovo concorrente da affrontare, ma
soggetto determinante delle politiche territoriali, con la cui collaborazione si
può agire per migliorare la qualità della vita della cittadinanza. E’ aperta una
fase in cui gli enti territoriali devono superare la visione di governo, per la
scuola, di specifiche competenze (locali, trasporti, edilizia). Il compito è più
vasto e qualificato perché si tratta di collaborare alla gestione delle scelte
culturali. La messa a disposizione delle risorse culturali territoriali, la
facilitazione delle relazioni coi soggetti economi e no profit, l’indicazione delle
specificità dei cittadini e dei luoghi che servano a creare identità territoriali.
Si tratta di un nuovo modo di affrontare la politica scolastica, con la
consapevolezza che si entra su territori in cui la competenza amministrativa
deve confrontarsi con l’esperienza e il mandato formativo. Serve da parte di
tutti rispetto, studio, generosità.
Anche il tema centrale della valutazione non si può separare da un nuovo
modello di vita e governo del sistema orientato all' autogoverno e alla
programmazione degli obiettivi formativi da parte delle scuole, con il pieno
protagonismo dei docenti e un confronto costante con le istituzioni del
territorio ed i soggetti culturali e sociali che lo animano.
Le prove valutative promosse nazionalmente devono avere un valore di
monitoraggio e di orientamento, devono servire ad individuare criticità e ad
intervenire sulle emergenze. Una valutazione decentrata deve orientarsi a
verificare la rispondenza fra la programmazione di obiettivi di qualità e il
concreto operare delle scuole.
La valutazione intesa come continue prove a quiz che è inserita sempre di più
anche nella didattica, va sostituita con una valutazione partecipata che, nel
mantenere criteri di oggettività e trasparenza, sia davvero promotrice di
qualità.
Il disagio profondo indotto da controriforme penalizzanti non deve far
scomparire il senso della necessità di grandi scelte di cambiamento, in ogni
ordine di scuola.
Vogliamo una buona scuola dall'Infanzia (preceduta da una rete di asili Nido
diffusi e sostenuti come essenziali servizi educativi) e una scuola di base
articolata in cicli forti e in continuità,fino al biennio di compimento dell'obbligo,
con tempi di scuola distesi e ricchi.
Nei percorsi successivi, nella scuola secondaria, vogliamo la valorizzazione
sia degli indirizzi umanistici sia degli indirizzi tecnico-scientifici,cancellando
l'impoverimento degli istituti tecnici e delle scuole legate alle vocazioni
produttive dei territori che invece è stato perseguito dai ministri della Destra.
I migliori talenti devono poter sbocciare e vanno sollecitati a crescere ma
nell'ambito di un sistema scolastico e formativo superiore capace di assicurare, al termine della sua frequenza, tendenzialmente a tutti i giovani,
un valido titolo. Il patrimonio umano che viene disperso nell'abbandono
scolastico e nella dequalificazione della formazione è indispensabile e il suo
spreco non può più essere tollerato.
Una buona scuola sarà quella che affronterà il tema del precariato di tanti
professori, spesso vitali al funzionamento di molte realtà scolastiche,
cercando una soluzione condivisa e tecnicamente praticabile.
Pensiamo ad un sistema formativo integrato, dove attorno e dentro la scuola
sia possibile accedere alle principali risorse culturali della città, del Quartiere,
nel territorio. Pensiamo ad una scuola che accolga e valorizzi la pluralità di
culture e linguaggi, saperi ed emozioni, a cominciare dall'arte e dalla musica,
che abbia particolare cura per le competenze garanzia di una cittadinanza
attiva: la comunicazione nella lingua madre e nelle lingue straniere; le
competenze matematiche, scientifiche e quelle tecnologiche, multimediali e
digitali; le competenze sociali e civiche; lo spirito di iniziativa; la
consapevolezza dei diritti e dei doveri, per sè e nel rapporto con gli altri.
Non basterà una azione di governo di routine della scuola, per contribuire in
Italia a realizzare nella cultura e nell'educazione una Europa progressista che
superi l'Europa del liberismo e dell'impotenza. I temi che abbiamo citato
rimandano all'assetto generale della scuola italiana. Per questo non sarà
sufficiente affrontarli come singolarmente, ma occorrerà che il Governo, le
Regioni e le Autonomie Locali, e il sistema scolastico avviino un percorso
"costituente", con una vasta partecipazione, per un ripensamento
complessivo, per la ridefinizione di valori, obiettivi, contenuti, modelli
organizzativi della scuola.
Siamo studenti, insegnanti, direttivi e amministrativi, amministratori degli Enti
Locali, ricercatori ed esperti, siamo genitori impegnati nella vita delle scuole,
vogliamo promuovere occasioni di ascolto, di scelta, di decisione nelle realtà
nelle quali viviamo ed operiamo ed a livello cittadino e provinciale.
Ci interessa ESSERCI . La nostra non è, non sarà, un'adesione “ a scatola
chiusa”, un voto cieco per una immagine, VOGLIAMO DISCUTERE,
PARTECIPARE, AGIRE, in queste Primarie, e dopo.
Perché la scuola ha bisogno di certezze.

Gruppo “Cultura&scuola” del Comitato BolognaxCuperlo
Hanno rielaborato suggerimenti di tanti, emersi sia nella campagna elettorale per Pier
Luigi Bersani, sia nel Gruppo “Cultura e scuola per Cuperlo” : Davide Ferrari, Gabriele
Chessa, Rosanna Facchini, Franco Frabboni, Graziella Giorgi, Giovanni Sedioli,
Anna Chiara Strappazzon, Bijoy M. Trentin

lunedì 25 novembre 2013

Questa sera Gianni Cuperlo a Piazza Pulita su La7



Questa sera Gianni Cuperlo sarà ospite a Piazza Pulita su La7 a partire dalle 21.
Questo il link per la diretta streaming!
http://www.la7.it/piazzapulita/

25 novembre - Giornata internazionale contro la violenza alle donne



La violenza contro le donne è prima di tutto un problema degli uomini; con questa prospettiva oggi vogliamo celebrare il 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza alle donne.
La violenza di genere è esercizio di dominio praticato dagli uomini ed è la manifestazione di disuguaglianze di potere nelle relazioni tra donne e uomini a partire dalla sfera privata e affettiva fino alla scena pubblica.
Questo non significa pensare che nel maschile c'è qualcosa che porta "naturalmente" alla violenza, piuttosto che per dire parole di spessore e di consapevolezza occorre partire da sé, da cosa significa essere uomini e con quale modello di virilità si cresce e si convive.

Le 109 donne uccise nel solo 2013 (dato al 31.10 dal coordinamento centri antiviolenza Emilia-Romagna) di cui ben 10 nella nostra regione ci dicono che i diritti delle donne devono essere priorità nelle nostre proposte politiche, perché i centri antiviolenza sono ancora troppo pochi e senza certezza di finanziamenti continuativi e adeguati, perché la promozione di una cultura rispettosa delle differenze di genere è una questione di cittadinanza e convivenza pienamente democratica e realmente votata al cambiamento.
E ora a dirlo, e ad agire insieme alle donne devono (dobbiamo) essere gli uomini.

Federica Mazzoni
Comitato "Bologna per Cuperlo"

martedì 19 novembre 2013

23 novembre 2013: Le ragioni di una scelta. Con Andrea De Maria e Paola De Micheli


22 novembre 2013 - Ripartiamo dal lavoro!


21 novembre 2013 - Cena di autofinanziamento Comitato "Porto per Cuperlo"


21 novembre 2013 - Aperitivo del Comitato "Bologna per Cuperlo"


Gianni Cuperlo vince in Emilia-Romagna!


Dati definitivi della Regione Emilia-Romagna

Partecipanti al voto: 27.819

  1. Gianni Cuperlo:    12.032 voti - 43,55%
  2. Matteo Renzi:       11.701 voti - 42,35%
  3. Pippo Civati:          3.557 voti - 12,87%
  4. Gianni Pittella:           341 voti  -  1,23%
Schede bianche: 106
Schede nulle:       82

Per maggiori informazioni sui dati delle Convenzioni a livello regionale:
http://pder.it/

lunedì 18 novembre 2013

Risultati definitivi: Cuperlo vince a Bologna con il 51,87%


QUESTI I DATI DEFINITIVI DI BOLOGNA E PROVINCIA:

140 riunioni di circolo sul territorio dell’Unione provinciale di Bologna.
Votanti: 7861
  1. Gianni Cuperlo       4055 voti       51,87%
  2. Matteo Renzi          2764 voti       35,36%
  3. Giuseppe Civati        933 voti       11,94%
  4. Gianni Pittella              65 voti         0,83%


lunedì 11 novembre 2013

Lettera di Gianni Cuperlo agli iscritti PD


Cara democratica, caro democratico,

io non so quale candidato hai deciso di sostenere come segretario nazionale o se stai ancora valutando chi, tra noi, corrisponda meglio alla tua idea di partito. Se hai già scelto di sostenere un altro candidato, ti porgo i miei più sinceri auguri e ti ringrazio se vorrai continuare a leggere queste righe.

Ho inteso questo congresso, fin dalla scelta di candidarmi, come un grande momento di libertà e di discussione, tra noi e con il mondo intorno a noi. Un congresso di svolta, che non fosse finalizzato soltanto alla scelta di un leader, ma alla ricostruzione della nostra comunità. Nel rispetto delle idee che pure possono dividerci, ma anche nella consapevolezza del molto di più che ci unisce.

Ti scrivo perché voglio provare a raccontarti le mie idee per il partito e per l’Italia. Idee che nel PD sono patrimonio di molti, ma che finora non siamo riusciti a mettere in pratica. Ne Il club degli incorreggibili ottimisti di Jean-Michel Guenassia mi è sembrato di trovare una frase illuminante: “Quello che per loro contava nella Terra promessa non era la terra. Era la Promessa”. Diciamocelo con franchezza: non abbiamo saputo mantenere la promessa, che avevamo fatto a noi stessi e al Paese dando vita al Partito democratico, di un cambiamento di luoghi, strumenti e linguaggi della politica.

È questa la ragione di fondo per cui ho deciso di candidarmi alla Segreteria del Pd. Perché per quelle idee e per quella promessa voglio battermi fino in fondo, assumendone la responsabilità in prima persona. Il Partito democratico ha bisogno di un Segretario che si dedichi, a tempo pieno, a ricostruire il legame con la società sulla base di una visione del futuro che non sia solo un programma di Governo. Questa è la politica in cui credo, in un partito che nonostante limiti ed errori rimane una speranza per l’Italia e di cui con orgoglio espongo il simbolo perché è immagine di libertà, di dignità, di comunità.

È tempo di dire con coraggio chi siamo e per chi siamo. Nostro compito è portare nel futuro l'idea di una sinistra moderna ma radicale nei suoi valori, non subalterna alle culture che hanno dominato gli ultimi decenni. Senza la sinistra non c'è il Pd e oggi solo il Pd può guidare la riscossa morale, civile, sociale del Paese. Ma ci vuole un partito forte alle spalle, perché nessun Governo da solo è in grado di cambiare l'Italia. L'illusione tecnocratica è l'altra faccia della degenerazione populista. La nostra Repubblica, provata dalla crisi più drammatica della sua storia, ritroverà la fiducia solo in un nuovo patto di cittadinanza fondato su libertà e giustizia sociale. Ecco il compito primario del PD: mettersi a servizio di una rivoluzione della dignità.

Per cambiare l’Italia, però, il PD deve cambiare se stesso. Deve farlo alzando lo sguardo sull’Europa e sul mondo, portando avanti battaglie riconoscibili sul lavoro buono per giovani e donne, sulla lotta alle povertà vecchie e nuove, sulla qualità della vita dei cittadini e delle relazioni umane nei territori, per un nuovo modello di sviluppo sostenibile sul piano sociale e ambientale.

Il PD deve cambiare radicalmente partendo dal suo modo di stare tra le donne e gli uomini che sceglie di rappresentare, a cui vuole dare voce e potere. Deve dotarsi a ogni livello di organismi dirigenti profondamente rinnovati, più snelli e autorevoli e al tempo stesso coinvolgere direttamente i propri iscritti nell’elaborazione dei programmi e nelle decisioni. Deve rispettare il pluralismo, ma contrastare la piaga del correntismo, privilegiando sempre passione, impegno e competenza. E deve saper guardare e attingere al molto di buono che c’è fuori di noi, aprendosi alla rete del civismo, della solidarietà, delle autonomie sociali. Promuovendo le comunità, la società che si organizza: le più solide fondamenta della speranza.

È un percorso difficile, ma sono certo che la nostra stagione congressuale sarà la semina di quell’alternativa – di quel nuovo centrosinistra – che dovrà candidarsi a guidare l’Italia per i prossimi anni, chiusa la parentesi delle larghe intese: la nostra prospettiva politica non può certo essere quella di un neocentrismo esplicito o camuffato.

Cara democratica, caro democratico, è questo il Partito democratico per il tempo nuovo che ho in mente. Il tuo PD per il Paese di tutti è quello che ho provato a raccontare nella mozione di accompagnamento alla candidatura e nelle note che l’avevano preceduta. Sono documenti maturati negli incontri che ho avuto con molti di voi in giro per l’Italia, ne raccolgono la preoccupazione e la voglia di riscatto, la passione e il coraggio di un rinnovato impegno.

In questi giorni, fino al 17 novembre, avrai la possibilità di discuterne nel tuo circolo, come in tutti i circoli di tutta Italia, e di far valere la tua opinione e il tuo voto nelle assemblee per l’elezione della Convenzione congressuale.

Grazie, per quello che farai e stai già facendo.

Con amicizia, Gianni Cuperlo

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Ti prego di contattarci per ogni suggerimento o critica, ma anche per quel incoraggiamento di cui abbiamo tutti bisogno.
Infine, ti segnalo che sul mio sito www.giannicuperlo.it potrai scaricare la mozione congressuale “Per la rivoluzione della dignità”.

Nell’area “Info sul voto” potrai scaricare il Fac Simile della scheda per l’elezione del Segretario nazionale che avverranno dal 7 al 17 novembre nei circoli, giorni nei quali i tesserati saranno chiamati al voto.

Se vorrai essere sempre informato sulle mie dichiarazioni e le mie iniziative puoi iscriverti alla mia Newsletter o seguirmi su Facebook e Twitter.

Lunedì 11 novembre - Andrea De Maria a Sala Bolognese


venerdì 8 novembre 2013

Cuperlo: "Contano gli iscritti non solo le primarie, così i renziani fanno morire il partito"


Intervista a Gianni Cuperlo di Giovanna Casadio - La Repubblica


«Attenti a non ridurre il segretario del Pd a una caricatura». Gianni Cuperlo, lo sfidante di Renzi alla guida del partito, difende gli iscritti, «il radicamento del partito». Non le regole che i Democratici si sono dati. Anche se il congresso, dice, non è certo una discussione sulle regole, ma sul Paese, sulla giustizia sociale e i diritti. Sui tesseramenti gonfiati, non accusa i renziani, però rilancia: «Si blocchi tutto e si annullino i casi controversi». 

Cuperlo, come si è arrivati dall`orgoglio dei tesseramenti alla vergogna delle tessere gonfiate, dei brogli nei circoli? 

«Ho un rispetto profondo per gli iscritti al mio partito. Sono un tesoro di impegno civile e umanità. In questi anni si sono fatti carico di tutto, dal montaggio dei gazebo alle campagne elettorali. E` un patrimonio di persone perbene con una forza di volontà e una passione che tolgono il respiro. Noi dobbiamo convincerli che il loro è un partito sano e trasparente e che i tesseramenti gonfiati, per quanto circoscritti, sono un oltraggio prima di tutto verso chi ha resistito all`invito martellante che vedeva il nostro partito e in generale i corpi sociali come un residuo da cancellare. E per questo che ho sollevato il problema, perché ne va della nostra identità». 

Sia Renzi che lei non potevate non sapere. 

«Ho chiesto che si andasse fino in fondo, senza guardare a chi ne ha beneficiato. Perché nessuno può beneficiare di metodi che sono un danno per tutti. Da mesi io parlo del paese, di come rinnovare l`ambizione e la speranza di una sinistra vincente. Ma ritengo del tutto sbagliata l`idea che gli iscritti siano un ingombro, un sovrappiù rispetto all`appello diretto al popolo». 

Renzi è un populista? 

«Ho letto che il sindaco di Bari avrebbe detto "adesso aboliamo gli iscritti". Mentre altri sostengono che vada abolita la convenzione con il voto degli iscritti per andare subito alle primarie perché solo il voto dell`8 dicembre conta». 

Quanto appunto hanno sostenuto i renziani. 

«Se si ragiona così muore il Pd. E non solo perché un partito senza iscritti è come una democrazia senza elezioni, non esiste in natura, ma perché i diritti di chi si iscrive sono una parte fondamentale della rivoluzione che dobbiamo fare». 

Cos`è diventato il Pd, un votificio e un partito di oligarchie? 

«No. Quando sento liquidare il voto di 330 mila iscritti come l`espressione degli apparati, penso che chi lo dice non sappia di cosa sta parlando. 330 mila persone non sono una oligarchia, sono una comunità». 

Lei vuole un "partito pesante", fatto di iscritti, di sezioni? 

«Voglio una forza popolare e radicata nel paese. Penso a un partito-società, a un partito-movimento che si organizza sulla base di principi e traguardi che scuotano le coscienze. Voglio un partito che si opponga all`idea che ciascuno debba rimanere isolato nel suo rapporto con il potere perché in quel modo il potere, anche quando viziato, avrà sempre la meglio». 

Diffidando delle primarie non si condivide il timore di Sposetti, per il quale ai gazebo potranno votare anche delinquenti e pedofili? 

«La battuta di Sposetti è sbagliata. Non solo non diffido ma ho una grande fiducia nelle primarie e nella saggezza del popolo democratico. Però quelle primarie hanno bisogno di una forza alle spalle: il Pd non può ridursi a un comitato elettorale permanente». 

Pensa di vincere le primarie? 

«Penso che il nostro sia un congresso aperto e questi primi risultati hanno sorpreso anche me. È stato raccontato come un congresso scontato. Invece quella che emerge è una grande voglia di ricostruire una sinistra moderna, di reagire al pensiero unico e anche di ribellarsi alle scelte del circuito politico-mediatico». 

Se vincesse Renzi sarebbe disposto a un ticket? 

«Mi sono candidato a fare il segretario sulla base di un impianto culturale che non è quello di Renzi». 

A norma di Statuto (che non siete riusciti a cambiare) il segretario diventa anche il candidato premier. Lei non pensa a palazzo Chigi? 

«No, sono primarie per scegliere il segretario del Pd. Chiunque avrà questo compito vi si deve dedicare anima e corpo. È caricaturale l`idea che descrive il segretario del principale partito del centrosinistra rinchiuso nelle stanze del Nazareno a fare riunioni inutili. Il segretario del Pd dovrà percorrere questo Paese in lungo e in largo, tornare nei luoghi della sofferenza e anche dove si misura la risposta alla crisi. Se si vuole cambiare tutto nella sinistra e nel paese, ci si candida a guidare una alternativa vera. Ma questo non lo si fa come secondo lavoro».

Fonte: La Repubblica