venerdì 30 agosto 2013

De Maria rallenta la corsa di Donini "Sulla sua ricandidatura a segretario non daremo alcuna delega in bianco"



Leggi l'intervista a Repubblica di Andrea De Maria

Gianni Cuperlo: "Non più piccola, una sinistra ripensata"

Intervista di Daniela Preziosi a Gianni Cuperlo, Il Manifesto, 30 agosto 2013

Gianni Cuperlo, trovata l’intesa sull’Imu, per Letta il governo ora ‘è senza scadenza’. Molti nel suo partito, il Pd, invece continuano a indicare la primavera come il momento giusto per andare al voto. È così?

“In un contesto ordinario la scadenza di un governo coincide con la fine della legislatura, ma noi non viviamo in un contesto ordinario. Questa è una maggioranza eccezionale e di scopo. Anzi, di scopi ne ha due. Aggredire l’emergenza economica e mettere al riparo la nostra democrazia da nuove involuzioni che si evitano prima di tutto con una nuova legge elettorale e con alcune migliorie essenziali del nostro ordinamento istituzionale, quindi lasciando perdere suggestioni presidenzialiste. Per questi obiettivi Letta stesso ha parlato di 18 mesi, comprensivi del semestre italiano di presidenza dell’Ue, dopo di che logica e interesse nazionale chiedono di rispettare i patti e riconsegnare la parola agli elettori”.

Come valuta l’accordo sull’Imu?
“È stato un compromesso figlio di quella eccezionalità che ho appena ricordato. La destra brinda. Ma il governo ha salvaguardato un’altra quota di esodati e garantito un finanziamento, anche se ancora insufficiente, della cassa integrazione in deroga. Un osservatore neutro commenterebbe che ciascuno tira la coperta a sé. Ma se stiamo al merito, è evidente che un governo senza la destra non avrebbe tolto l’Imu anche a chi ha tutti i requisiti per pagare un’imposta che nel resto d’Europa non è un’angheria dello sceriffo di Nottingham ma figlia di un banale principio di equità e progressività nella tassazione sul patrimonio. Adesso è fondamentale che il Pd si presenti con una propria ‘agenda’ che metta al centro tre snodi: lotta alla povertà, creazione di lavoro, sostegno con ammortizzatori e non solo a chi è caduto a terra”.

Cosa pensa delle tattiche di Berlusconi per rinviare il voto sulla sua decadenza dal Senato? È d’accordo con la proposta Violante?
“Credo si debba votare sì alla decadenza. Nessuno contesta le garanzie della difesa. La giunta del Senato esaminerà gli atti, ascolterà, discuterà e si esprimerà. Ma stiamo alla sostanza. La destra, o una sua larga parte, semplicemente respinge una condanna definitiva liquidandola come prova inconfutabile di quella persecuzione giudiziaria che denuncia da anni. Loro chiedono una soluzione politica rinominata ‘agibilità’ motivandola col ruolo pubblico di Berlusconi e col suo consenso elettorale. Ma è questa logica a essere inaccettabile. L’idea che se prendi milioni di voti sei per ciò stesso sciolto da ogni vincolo di legge. In democrazia non funziona così. Il punto non è solo che la legge dev’essere uguale per tutti, affermazione sacrosanta quanto scontata. Il tema vero è che su questo passaggio si gioca una intera concezione della democrazia. Se loro si ostinano a dire che la fonte del potere è il popolo e solo al popolo bisogna rendere conto perché unicamente lì vive la sovranità, l’effetto è di riporre in naftalina lo Stato di diritto. Quella che si afferma è una logica illiberale e anti-costituzionale. Ecco perché non possiamo né dobbiamo arretrare di un millimetro: non è una questione di tattica e non è la via per liberarci di un avversario politico. È un principio e come tale non lo si può interpretare secondo convenienza. Questo la destra lo deve capire. E comunque deve sapere che su questa frontiera del diritto noi non cederemo mai”.

Ora che il governo sembra al sicuro, il suo partito stabilirà la data del congresso. L’area dell’ex segretario non ha ancora un candidato. Civati ha parlato persino di un ‘candidato fantasma’. È così? Si aspetta un altro sfidante? O – per chiarire meglio il senso di questa domanda – l’area che ha diretto il partito stenta oggi a trovare un nuovo interprete: perché?
“Forse non sono io il primo destinatario di questa domanda. Posso solo dire come immagino il nostro congresso. Mi piacerebbe fosse un momento di libertà per ciascuno. Libertà di pensiero in primo luogo. Vorrei un dibattito segnato dal primato dei diversi impianti culturali, con piattaforme espressione non solo di una leadership ma di una visione del mondo e della politica dopo la destra. E però questo lo fai se al centro di tutto precipita la natura del progetto, la sua identità, l’immagine che si ha del nuovo centrosinistra che dobbiamo costruire dopo la sconfitta di febbraio e l’implosione di quella coalizione. Da parte mia non è solo una mozione degli affetti, ma una sfida su principi e contenuti. Le note che ho scritto e che sto discutendo sera dopo sera in tante feste sono frutto di questa volontà. Non so cosa faranno le diverse aree e componenti, però coltivo l’idea che in tante e tanti possano misurarsi davvero col merito della proposta, e poi scegliere di andare dove li portano la ragione e il sentimento”.

Stefano Fassina, oggi viceministro, apprezzando il suo documento dice però che manca ancora un passaggio politico, il dialogo con culture non provenienti dalla sinistra, per esempio quella della dottrina sociale della Chiesa. È così?
“È un’opinione e con Stefano mi piacerebbe discuterne a fondo, come ci è capitato di fare tante volte in questi anni. Io penso che il Pd sia, o debba essere, un soggetto che non fonda se stesso sulla riverniciatura di vecchie pareti ma che si fa carico del pensiero critico maturato in questi lunghi anni di crisi. Lì c’è qualcosa di vitale, nel contributo del cattolicesimo democratico, di una sinistra europea che in mezzo a mille tribolazioni sta costruendo la sua rotta, e poi movimenti e forze che si affacciano ora sulla scena e che sono figlie di questa stagione. La mia opinione è che l’opera di costruzione del nuovo partito si sia arenata, oltre che su limiti soggettivi, sulla difficoltà a pensare una cultura politica per il Pd non come l’addizione di singoli fattori sino a ieri divisi tra appartenenze diverse, ma come la ricerca – certo anche faticosa – di una nuova identità condivisa. Ma questo traguardo lo si taglia a due condizioni. Se non hai paura di un confronto di verità al tuo interno, anche aggredendo temi all’apparenza ostici, e se coltivi quel coraggio persino visionario che ti spinge a guardare oltre le compatibilità. Pensi ai primi segnali formidabili di questo pontificato, a cosa possono significare quelle parole sferzanti sulla “globalizzazione dell’indifferenza” pronunciate a Lampedusa. Ecco, se crediamo nel Pd – se non lo consideriamo una mera operazione di vertice ma il nucleo di un’altra stagione possibile – allora più che il dialogo tra culture dovremmo capire quale sia lo spazio di una cultura altra capace di farci dialogare con milioni di persone fuori da noi”.

Questo potrebbe portare a un allargamento del consenso intorno alla sua mozione?
“Me lo auguro. Ed è la ragione per cui ho scritto solo degli appunti, delle note, senza reticenze ma anche rinviando a più avanti la stesura di una piattaforma vera e propria che spero possa essere frutto di una ricerca condivisa da altri, indipendentemente dalla loro ‘collocazione’ di ieri. Se il nostro congresso ha un senso è aprire una via che ci porti oltre i limiti di questi anni. E per fare questo non devi erigere paratie, bisogna allargare il campo. In fondo a sostenere che “meno si è meglio si fa” di solito sono quelli che nelle proprie idee hanno scarsa fiducia”.

Cosa risponde a chi dice della sua candidatura che è troppo ‘targata a sinistra’ e rischia di riportare il partito, per tagliarla grossa, alle divisioni fra ex Pci e ex Ppi? E di rinchiudere l’area della sinistra, quella che si autonomina così, in un recinto troppo stretto?
“In parte una risposta l’ho già data ma potrei rovesciare lo schema e chiedere io: come si può immaginare il Pd da qui ai prossimi anni senza che quell’organismo collettivo sia attraversato, nella sua costituzione e nella sua identità, dai valori e dalle ambizioni di una sinistra ripensata e ricollocata pienamente nella storia di questo paese? Davvero qualcuno che in questo progetto ha creduto può pensare che la sinistra, assumendo nel termine la complessità delle sue radici e della sua prospettiva, possa finire ai margini o non contare più? E a quel punto sarebbe in campo una forza più solida, popolare, plurale nelle sue ispirazioni? O piuttosto non avremmo compromesso il progetto che più di altri si è posto il tema di condurre l’Italia dove da tempo dovrebbe stare, sulla frontiera avanzata della modernità e dell’Europa? Io, come altri, non guardo alle origini. Mi trovo in sintonia con persone che hanno militato una vita in partiti diverso dal mio e mi capita di dissentire profondamente con chi nel Pci ha coltivato una intera biografia. Insomma, non penso a un Pd più piccolo, più ortodosso e fagocitato da una sinistra ripiegata sul passato. Penso a un Pd aperto, curioso e consapevole che intorno a noi molto, quasi tutto, è cambiato e cambierà ancora”.

Cosa pensa della ‘transumanza’ di molti dirigenti e amministratori Pd verso Renzi?
“Non giudico, ci mancherebbe. E ho rispetto verso le posizioni di tutti. Spero solo siano sempre scelte indotte dalla convinzione”.

Renzi è considerato un grande comunicatore. Lei appare, in qualche misura all’opposto, un dirigente e un intellettuale propenso all’analisi e poco indulgente verso i personalismi e i diktat della comunicazione. È una scelta politico-culturale. Ce la spiega? Pensa che sia efficace per convincere i militanti e gli elettori del Pd a votarla?
“Sull’efficacia non saprei ma continuo a pensare che alle spalle abbiamo un deficit di elaborazione e conoscenza. Per troppo tempo abbiamo schiacciato la nostra agenda su un presente che a volte è finito col ricattare le nostre stesse scelte. Un paio di generazioni si sono formate in questo clima e qualche ricaduta oggi si coglie. Lo stesso terremoto elettorale di febbraio non ha dato vita a una riflessione rigorosa su ciò che era accaduto e sulle sue conseguenze. Ma se sei un partito non puoi vivere sospeso in una bolla perenne. C’è il momento dell’azione e di dev’essere anche lo spazio per capire dove sei, cosa si agita fuori da te e dai tuoi confini, come cambiano l’economia, le culture, le attese dei singoli. Devi saper dire, ma devi anche poter pensare. E tra le due stanze a me pare convenga tenere aperta la porta di collegamento”.

Il suo documento è un’analisi critica molto forte degli errori della sinistra degli ultimi 25 anni. Ma in questa analisi non indica i passaggi emblematici fatti, e sbagliati, dal Pd e dai suoi dirigenti. Ce ne indica due che ci facciano capire, per titoli, quale crede siano stati gli errori più gravi compiuti?
“Avere pensato che il conflitto potesse divenire un ostacolo sulla via di una democrazia più solida quando è vero esattamente l’opposto, e cioè la democrazia depurata dal conflitto si svuota di sostanza. Non aver compreso che la sfida per i diritti umani, universali e indivisibili, ha mutato radicalmente natura e si configura oggi come una leva essenziale di ogni processo di evoluzione e sviluppo dell’economia, della cittadinanza e della democrazia”.

Il suo documento delinea un congresso ‘costituente’, i cui fondamentali sono all’opposto delle larghe intese. Come sarà possibile sostenerlo senza mettere in dubbio le larghe intese?
“Per ciò che ho detto rispondendo alla prima domanda. Perché le ‘larghe intese’, come le chiama lei, non possono essere il progetto politico di una sinistra ripensata. Perché se vogliamo aggredire le riforme vere e radicali di cui l’Italia bisogna è evidente che le nostre ricette non sono quelle della destra. Perché se al centro mettiamo una lotta senza quartiere alle rendite, consorterie e corporazioni sappiamo che buona parte della reazione verrà dai nostri avversari. Perché se vogliamo redistribuire, assieme a una certa quantità di risorse, una certa quantità di potere a chi oggi non ne ha e non ha voce è chiaro che dovremo costruire le alleanze politiche e sociali coerenti con quel traguardo. Perché se vogliamo raccogliere molto più del consenso che abbiamo adesso dobbiamo dire per chi siamo, quali interessi intendiamo promuovere, quali forze scegliamo di emancipare e rappresentare”.

«Ultima sfida per collocare il Pd in un tempo nuovo»

Intervista di Gianni Cuperlo a Libertà di Piacenza del 27 agosto

Giovanni “Gianni” Cuperlo, candidato nazionale alla segreteria del Pd, sarà a Piacenza sabato 31 agosto (alle 19), alla festa Dem di Sant’Antonio, introdotto da Giulia Piroli. Triestino, classe ‘61, laurea al Dams, deputato e presidente del Centro Studi sul Pd, ha un profilo giovane ma radici profonde: è stato responsabile, tra il 1988 e il 1992, della Fgci prima, della Sinistra Giovanile poi.

On. Cuperlo, perché si è candidato alla segreteria nazionale del Pd?
«Discutere senso, identità e ragioni del nostro partito e candidarsi a guidarlo è cosa tra le più impegnative che possano venire in mente. Mi è stato chiesto e ho accettato la sfida, credo profondamente in questo progetto e sono convinto che siamo di fronte a una prova decisiva, forse l’ultima, per ricollocare il Pd e la sinistra in un tempo nuovo».
In una battuta, chi è Gianni Cuperlo?
«Ho un’età nella quale dir bene di sé equivale a dare il peggio di sé. Spero semplicemente di essere una persona matura».

Lei é stato portavoce di D’Alema, ne ha ottenuto il sostegno ufficiale, anche dalla Cgil arriva l’appoggio alla sua candidatura, legami che potrebbero pregiudicare i consensi di chi cerca un rinnovamento nel futuro leader.
«Vivo sostegno e appoggio, da qualunque parte provengano, come un incoraggiamento e uno stimolo. D’Alema è una personalità del Pd. Quanto alla Cgil, ho attenzione e rispetto profondo per il più grande sindacato italiano. Nessuno può pensare di ridare centralità al lavoro senza la collaborazione e l’ascolto delle forze sindacali. Il tema del rinnovamento per un Paese come il nostro è decisivo. Però bisognerebbe sempre fare attenzione a non considerare l’età anagrafica o addirittura l’inesperienza come garanzia di innovazione. Si può finire col confondere il nuovo con l’improvvisazione. Io cerco sempre di valutare ciascuno per ciò che propone e per ciò che fa. Vorrei che valesse anche per me».

E che ne dice delle dichiarazioni del bersaniano Zoggia che prefigura un allungamento del mandato ad Epifani e la candidatura diretta di Letta senza congresso e senza primarie, Renzi ha bollato l’idea come irresponsabile, il suo parere?
«Il Pd e le coalizioni di cui ha fatto parte hanno sempre scelto il candidato premier con le primarie. Non vedo ragioni per abbandonare un metodo aperto e democratico per individuare la personalità capace di raccogliere il consenso più ampio. Ho sempre detto: facciamo il congresso e facciamolo prima possibile. Col voto di febbraio e nelle settimane successive sono accadute cose importanti e gravi. Il segretario Bersani, assumendo su di sé responsabilità certamente non solo sue, si è dimesso insieme al gruppo dirigente. Abbiamo un bisogno vitale di una discussione franca. Delusione, sfiducia, disamore sono sentimenti crescenti nel nostro elettorato. Nel documento che ho presentato in questi giorni parlo di un ‘congresso costituente’ perché, in un certo senso, il Pd va costruito per la prima volta. Per farlo c’è bisogno di alternative ideali e culturali, di un confronto coraggioso sull’Italia che vorremmo, negli Stati Uniti d’Europa».

Quale Pd si immagina? Lei ha parlato di un modello-Pisapia.
«Voglio un partito che torni a essere prima di tutto una comunità di sentimenti, destino, valori condivisi. Che non si identifichi nelle istituzioni e non pensi di esaurire la propria funzione nel ‘servire’ il leader di turno, per quanto autorevole. Un partito in cui il merito venga prima della fedeltà e dove si torni a investire nella formazione. Dobbiamo restituire valore alla scelta di prendere la tessera, i circoli devono tornare a essere luoghi di discussione e confronto e non comitati elettorali permanenti. Penso a un partito aperto, perché molto di buono è fuori da noi, nei movimenti, nelle associazioni, nel volontariato. Per fare questo sarà necessario investire di più anche nella Rete. Credo sia questa la strada per tornare ad appassionare alla politica almeno un paio di generazioni, quelle cresciute nell’ultimo ventennio».

Ce la farebbe a tenere insieme l’anima laica e il Dna cattolico dei Dem?
«Io non vedo affatto una contrapposizione tra un’anima laica e una cattolica nel Pd. Non dobbiamo avere paura delle differenze e penso che in questi anni ci siamo confrontati troppo poco su visioni e identità. Molti problemi nascono da qui perché se al centro non mettiamo le idee non restano che le correnti. Anche per questo c’è bisogno di un congresso ‘vero’».

In risposte-lampo,la sua posizione sui diritti civili, unioni di fatto, matrimoni gay, eutanasia legale, ius soli.
«La sfida che abbiamo di fronte è quella di una “rivoluzione della dignità” che ricollochi al centro delle politiche una fede laica nelle persone, il che vuol dire fondare un nuovo patto democratico sulla promozione dei diritti umani, universali e indivisibili.
Se partiremo da qui, le risposte verranno da sé: uguali diritti e doveri per tutte le unioni d’amore; libertà e responsabilità di scelta per ciascuno sulle questioni fondamentali dell’esistenza, compreso il fine vita e tenendo conto che nessuno tra noi teorizza l’eutanasia. Una legislazione equilibrata e ‘dolce’ su queste materie è la chance per squarciare il velo di arretratezze e pregiudizi e far fare a un’intera comunità un passo avanti verso l’Europa.
Ecco perché la cittadinanza ai bambini nati in Italia ha un impatto che va oltre la legge come le norme contro il femminicidio».
Il Paese che vorrei, un’idea per il lavoro.
«Sono convinto che questo Paese vada ricostruito dalle fondamenta facendo leva su una democrazia rinnovata. Dove l’economia torni a essere civile e l’impresa responsabile; dove la capacità e la voglia di realizzare se stessi col lavoro valga più della nascita o del patrimonio. L’Italia è profondamente disuguale e ingiusta. Per noi, per la sinistra, un rinnovamento di questa portata non può che passare dal recupero del valore sociale e morale del lavoro, tutto il lavoro, a cominciare da quello delle donne. Servono risorse e io credo che vadano cercate nelle rendite e nelle speculazioni, nelle sacche di privilegio, tra i ‘pochi’ che la crisi non ha colpito a danno dei ‘molti’ esclusi e impoveriti».
Caso Berlusconi e agibilità politica, torna in auge l’amnistia, ma lei ha detto che su questa partita il Pd si gioca l’anima e non si deve restare al governo a tutti i costi, ma se si va al voto i sondaggi premiano ancora una volta il Cav.
«Qui non è in gioco solo l’anima del Pd, che pure, dal mio punto di vista, non è poco. Qui parliamo della sopravvivenza dello Stato di diritto e della tenuta di un intero sistema democratico. Il principio invalicabile è quello della supremazia della legge. Il consenso, la popolarità, la ricchezza, il potere... nessuna caratteristica personale può consentire a un individuo di porsi al di sopra della legge. C’è una sentenza e va applicata. Punto. Sondaggi ed esiti elettorali vengono dopo».
Dialogo sempre impossibile con M5S?
«Una forza che raccoglie più di otto milioni di voti non può e non deve essere ignorata, ma M5S non ha ancora dimostrato nei fatti di voler davvero stare nelle istituzioni con spirito costruttivo. Se arrivassero segnalieri in questa direzione non sarebbe il Pd a sottrarsi».
Con Monti e poi Letta si può dire che in questi due anni Pdl e Pd abbiano governato insieme, i risultati non sono esaltanti.
«Questa strana maggioranza nasce per affrontare alcune priorità che sono, sul piano economico e sociale, il sostegno a famiglie e imprese strangolate dalla crisi; affrontare lo scandalo degli esodati e una disoccupazione drammatica; intercettare i segnali di ripresa dell’economia; promuovere una diversa strategia economica e fiscale a livello europeo. Mettere in sicurezza le istituzioni e cambiare la legge elettorale. Credo che Letta si sia mosso nella direzione giusta e si registrano alcuni segnali positivi. Il premier ha più volte ribadito che non si andrà avanti a ogni costo, sono d’accordo con lui. Ma, lo ripeto fino alla nausea, c’è una cosa che non possiamo permetterci: tornare al voto con questa legge elettorale».

Andiamo sul personale, come se la cava con i social network? Il suo blog appare un po’ intellettuale.
«Non lo prendo come un insulto».
Il momento più bello della sua giornata?
«Quando riesco a leggere, cosa purtroppo che avviene sempre meno».
Patrizia Soffientin

lunedì 26 agosto 2013

Gianni Cuperlo a Piacenza


Sabato 31 agosto alle ore 19, il candidato alla segreteria nazionale del Pd Gianni Cuperlo parteciperà alla Festa PD di Piacenza presso la Coop Sant'Antonio in via Emilia Pavese n.238.
L'iniziativa sarà introdotta da Giulia Piroli, Presidente Assemblea Provinciale.

Per maggiori informazioni:
Evento Facebook
https://www.facebook.com/events/214628072033970/?context=create

Link alla Festa di Piacenza
http://www.pdpiacenza.it/index.html?idpg=7&id=907

domenica 25 agosto 2013

Il partito secondo Cuperlo "la sinistra del passato è finita ma serve un'economia civile "

Le "note" del candidato alla segreteria che sfida Renzi: grande allenaza dal Sel ai moderati
Il partito secondo Cuperlo  "La sinistra del passato è finita ma serve un'econmia civile"

Il partito secondo Gianni Cuperlo. Partendo da quello che il Pd dovrà essere: "Il tema non è respingere il bisogno di leadership autorevoli, ma contrastare l'idea che quella leadership esaurisca la funzione di un partito": E' in questo passaggio la fotografia migliore di quanto ha in mente il candidato alla segreteria. Una forza politica che sfida il progetto disegnato da Matteo Renzi e che "non può essere la corvée in vista di un incarico diverso". Quarantuno pagine in tutto, "note" preparatorie in vista del congresso.
L'imperativo è innanzitutto quello di tenersi alla larga dal modello berlusconiano: "una deriva personalistica che altrove assume i tratti psicologici di soggetti fondati sulla proprietà o sul controllo autoritario del consenso -annota Cuperlo- non ci ha lasciato indenni"; Guide "autorevoli" restano necessarie, ma ciò che conta è schivare l'epilogo da "comitati elettorali permanenti". Forse anche per queste ragioni il candidato sostiene la necessità di separare leadership e premiership.
Dopo la delusione elettorale, comunque, è necessario guardarsi dentro. Il Pd, ricorda Cuperlo, ha lasciato per strada tre milioni di voti. Non ha mobilitato le tre grandi aree di riferimento -dipendenti pubblici, pensionati e elettori con alto livello di istruzione- ma soprattutto non è stato capace di convertire "l'arcipelago delle partite Iva, i precari, le piccola media impresa artigiana". Per ricucire lo strapppo bisogna accettare un dto ormai incontestabile: "la società è cambiata in modo irreversibile" e "non ha senso resuscitare la sinistra del passato". Ed ecco l'imperativo per il Pd di domani: "Parlare a tutti, ma parlare la nostra lingua": Con un perimetro preciso: "Il centrosinistra largo che, assieme a Sel, a forze e personalità moderate e ai movimenti del civismo, avevamo voluto e si è di nuovo spaccato". Con un netto ancoraggio europeo: "La costruzoine del Partite europeo dei democratici e dei socialisti".
E poi c'è l'idea di società immaginata da Cuperlo, fondata sulla "rivoluzione della dignità e sulla centralità della persona". L'analisi prende spunto dal dramma della crisi economica che ha calpestato "l'uguaglianza" a scapito di "milioni  di giovani e famiglie". Una critica, radicale, è riservata al "liberismo assoluto". Senza però dimenticare anche ciò che accade olre i confini nazionali: "Dobbiamo ripartire da una visione del mondo. Se non guardiamo fuori, anche ai drammatici conflitti in corso, non abbiamo futuro".
Resta la domanda delle domande: come ripartire? Tocca al Pd, sostiene l candidato alla segreteria, costruire un'alternativa. Non di solo merito però potrà nutrirsi l'Italia, perchè "senza uguaglianza il merito diventa privilegio". Occorre riscoprire il modello di "un'economia civile, con l'impesa responsabile motore della crescita". Nell'immediato, poi, resta necessario il sostegno al governo Letta. Con "lealtà e autonomia". C'è spazio anche per un programma di riforme: niente presidenzialismo, meglio una riforma elettorale con doppio turno di collegio.
Nelle "note" Cuperlo lancia anche alcune proposte per cambiare la struttura del partito, sfruttando consultazioni periodiche -anche referendarie- su temi specifici come, ad esempio, "una buona legge sul fine vita". Senza dimenticare, visto il successo del grillismo, la forza della Rete.

Da La Repubblica del 25/08013 art. di Tommaso Ciriaco

venerdì 23 agosto 2013

Cuperlo: "Non siamo al governo a tutti i costi in questa partita ci giochiamo l'anima"

Intervista a Gianni Cuperlo di Tommaso Ciriaco - La Repubblica

«La decadenza di Berlusconi è un atto dovuto, scontato. La destra deve capire che noi non possiamo arretrare di un millimetro, perché ne andrebbe di mezzo la nostra concezione della democrazia». Né vendetta, né accanimento verso il Cavaliere: perilv candidato alla segreteria democratica Gianni Cuperlo è soltanto una questione di «coerenza» rispetto ai «principi dello Stato di diritto». I dem non possono muoversi diversamente. Altrimenti perderebbero l`anima: «Non penso che il Pd si spaccherà. Sul principio non cederà. Dovesse cedere, semplicemente non ci sarebbe più il Pd».

Il Cavaliere si affida a un`immagine: "Sono in barca con un amico che mi vuole buttare a mare". L`amico è il Pd. 

«Così la metafora non funziona. Non abbiamo mai immaginato di risolvere la vicenda per via giudiziaria. Ma la decadenza è un atto dovuto, scontato. Su questo il Pd è unito».

Atto dovuto, dice. Spieghi a noi e al Pdl perché. 

«Si tratta di una sentenza passata in giudicato e come tale va rispettata e applicata. Sa che cos`è irricevibile?».

Dica. 

«La concezione sostanziale della democrazia che ha questa destra, dove le regole e i principi vengono dopo la realtà. Loro dicono: "Abbiamo preso milioni di voti". E da lì fanno discendere la valutazione sulla decadenza.Ma non funziona così. Se prendi milioni di voti non sei esentato dal rispetto della legge. Nel `900 questa visione è stata all`origine della distorsione dei valori democratici. Per questo non possiamo arretrare di un millimetro».

Un bel problema, per il premier. 

«Ho apprezzato Letta. Ha difeso la responsabilità di essere al governo per affrontare l`emergenza economica che per me vuol dire redistribuire risorse a chi è finito a terra, rappresentarci in Europa e, me lo lasci dire in queste ore terribili, anche guardare al mondo e a un Medio Oriente segnato dalle tragedie in Egitto e Siria. Ma Letta ha anche spiegato che non siamo al governo a ogni costo».

Eppure, tutto ruota ancora intorno al Cavaliere. 

«Quel che non funziona a destra è un`idea del consenso elettorale come potere sovraordinato agli altri. Ma quella è la premessa dell`assolutismo. L`opposto di quell`equilibrio dei poteri elaborato da un paio di secoli».

Insomma, nessun passo indietro. 

«Ma non è questione di tattica politica. È una questione di principio in uno Stato di diritto. Lo devono capire i nostri avversari».

C`è chi ha proposto di allungare i tempi in giunta sulla decadenza. Così intanto si chiude la finestra elettorale. 

«Mi sembrano suggestioni spericolate. Sui tempi di lavoro deciderà la Giunta, non c`è nessuna volontà di venire meno a principi garantisti. Ma sarebbe fuori luogo e poco credibile che si tendesse a diluire il tempo della decisione seguendo la logica che mi ha descritto».

mercoledì 21 agosto 2013

Caronna: "Non mi piacciono le abiure del passato dei nuovi renziani"


Caronna: "Stanno facendo i conti senza l'oste"

21 agosto 2013 - Intervista a La Repubblica

"Non è affatto vero che stiano diventando tutti renziani" dice l'europarlamentare in prima fila per il sostegno a Gianni Cuperlo. L'ex leader regionale del Partito Democratico assolve gli ex bersaniani di ferro convertiti al sindaco di Firenze - "è legittimo cambiare opinione" - ma boccia chi "si fa dettare la linea dagli opinionisti", perché "non è necessario abiurare il passato per affermare di aver cambiato idea".

Caronna, lei pensa forse al sindaco Virginio Merola, che da leader del comitato per Bersani è diventato renziano doc?  
"Intanto premetto che a me non piace la parola "conversione", e non la utilizzo. Così come non è nel mio vocabolario politico la parola "tradimento". Penso che sia legittimo e fisiologico che alcuni cambino idea e non esprimo giudizi. L'unica cosa che mi sento di dire è che un dirigente politico dovrebbe mantenere una sua autonomia".

In che senso?
"Io non sono per farmi dare la linea da questo o quell'opinionista. Trova abbastanza ridicolo che di fronte ad una scelta politica si faccia un'abiura del passato. Non è necessario, e non tutto il passato è da gettare"

Lei però non si fa "sedurre" dal sindaco di Firenze.  Cosa non la convince?
"Io penso che Renzi rappresenti un modello superato, vecchio. Che rappresenti la modalità di fare politica degli ultimi vent'anni, una politica che punta molto sulla comunicazione, sulle pulsioni, sul consenso immediato. Mi pare una rivisitazione al ribasso del blairismo".

Blairismo o berlusconismo?
"Blairismo. Il berlusconismo per fortuna, lo considero una parabola finita, anche se ancora in grado di fare danni".

Lei invece che Pd vorrebbe?
"Un partito organizzato, di sinistra, che sappia cambiare le cose e rappresentare i ceti più deboli, con una cultura politica propria, non un comitato elettorale o un insieme di correnti, con la capacità di selezionare la propria classe dirigente senza farsi condizionare da gruppi economici o editoriali".

Una proposta che a Bologna potrebbe risultare vincente. Lei pensa che Cuperlo possa vincere il congresso sotto le Torri? Molti iscritti ed esponenti del gruppo dirigente lo sostengono.
"Anche qui si commette un errore. Spesso si dice, e si scrive, che Cuperlo sia forte nel Pd "ortodosso", solo tra i dirigenti oppure tra gli iscritti. Io credo invece che sia la sinistra ad essere fortissima nel Paese e tra gli elettori, come dimostrano le oltre 300 persone arrivate alla presentazione del comitato per Cuperlo, il primo agosto. Il fatto è che Renzi gode di assist straordinari dal gruppo dirigente nazionale, con tutti i suoi demenziali tentativi di sgambettarlo".

Pensa a Pierluigi Bersani?
Penso anche a D'Alema, che invito a fare un'opera pia e a smettere di dare consigli a Renzi, dicendogli di non candidarsi alla segreteria. Io non penso che Renzi "possa" candidarsi a segretario. Penso che Renzi "debba" candidarsi. Ripeto deve candidarsi. Perché ha suscitato tali e tante aspettative, che ha la responsabilità di rispondervi con una proposta politica. Deve candidarsi e se vince fare il segretario a lungo, e spalare fango per risollevare un partito finito al 25%. Per questo io sono convinto serva un congresso costituente. Aperto il più possibile. Ciò che potrebbe sembrare logico, cioè far votare solo gli iscritti, in questa fase sarebbe controproducente, anche perché gli iscritti sono molto calati negli ultimi anni".

Sono calati anche a Bologna. In vista del congresso provinciale,  lei pensa che il comitato Cuperlo appoggerà il bis di Raffaele Donnini, se deciderà di ricandidarsi?
Lo vedremo. Se Donini si ricandiderà, valuteremo la sua proposta.

Intanto si rischia di andare alle elezioni prima che al congresso. Lei come vede il governo delle larghe intese? Molti sostengono sia un governo "democristiano".
Lo penso anche io, è molto democristiano. Sulla sua durata comunque io ho sempre sostenuto che fosse più utile un governo a termine, e lo penso ancora. Adesso poi, di fronte la vicenda che riguarda Silvio Berlusconi, credo che il Pd debba semplicemente rispettare la legge, poi se per questo il Pdl vorrà far cadere il governo, la responsabilità sarà loro".

Intanto lei con questo congresso è tornato sulla scena della politica bolognese. Si prepara a correre nel 2015 come Presidente della Regione, forse?

Io penso, modestamente, di aver fatto un buon lavoro al Parlamento europeo in questi anni, e penso di poter svolgere un eventuale secondo mandato a Bruxelles. Non penso da qui al 2015, è troppo lontano.

Nasce il Comitato Savena per Cuperlo

Si è costituito il Comitato Savena per Cuperlo, a sostegno della candidatura di Gianni Cuperlo a segretario nazionale del Partito Democratico. I promotori si riconoscono nella proposta politica del candidato e condividono il suo invito a rinnovare dalle fondamenta il PD, per collocarlo a pieno titolo nella famiglia della sinistra europea e farne il protagonista della rinascita del nostro paese. Ritengono fondamentale che in questo difficilissimo periodo il PD sia guidato con mano ferma da un segretario che non veda nel suo incarico soltanto un trampolino per altri traguardi. Siamo sicuri che Gianni Cuperlo, se eletto, si dedicherà al compito di ricostruire l' anima e l' identità del PD con tutte le sue energie e le sue riconosciute capacità.


Donata Lenzi
Ester Benassi
Carla Casadio
Luciana Deserti
Bruna Naldi
Argia Sabbi
Enrichetta Susi
Daniela Turci
Gigliola Vecchiatini
Angelo Gabriele Aiello
Davide Barbieri
Amilcare Castelli
Franco Colliva
Michele De Fina
Gianluca Luccarini
Stefano Marchigiani
Gabriele Morigi
Francesco Picciolo coordinatore
Mario Rizzoli

sabato 10 agosto 2013

Gianni Cuperlo: "Renzi? I voti non li prende uno solo"


Intervista a Gianni Cuperlo, La Stampa, 10 agosto 2013

Conferma che si candida a segretario del Pd e si augura che le primarie si terranno il 24 novembre. Chi parla è il deputato Gianni Cuperlo, che negli Anni Ottanta fu segretario della Fgci (ancora esisteva il Pci) e negli Anni Novanta ha lavorato accanto a D’Alema.
Cuperlo, lei è sicuro che le primarie si terranno il 24 novembre? L’impressione è che la data non sia ancora stata scelta…
«Io ho capito che saranno il 24 novembre. In ogni caso, Epifani ha ufficialmente aperto il percorso del congresso, un congresso di cui il Partito ha un bisogno vitale. Per discutere di quello che è accaduto e di quello che deve accadere, ovvero della sua cultura politica e della sua identità».
Quello che è accaduto e che non avete vinto elezioni che sembravano già vinte.
«Evidentemente non siamo riusciti a convincere la maggioranza del Paese della bontà della nostra proposta di un governo di cambiamento. Ecco perché in futuro dobbiamo sforzarci di costruire un nuovo campo del centrosinistra, che sia sensibilmente più largo di noi. Non dobbiamo mettere insieme solo sigle e partiti. Dobbiamo aprirci a quella parte vitale del Paese che è fuori da noi, e che dobbiamo coinvolgere nella costruzione di una vera alternativa politica e sociale».
Questa è la ragione per cui lei si candida segretario?
«Anche. Io sono per distinguere la figura del segretario da quella del candidato premier. Chi avrà la responsabilità di guidare il Pd dovrà occuparsi appunto del Pd e del progetto politico di cui parlavo prima. E non deve usare questo incarico come trampolino per un altro incarico».
Sta parlando di Renzi per caso?
«Parlo in generale. Mi auguro solo che il prossimo segretario sia una persona che vuole bene al Pd. Che non si chieda se la politica ha bisogno di lui ma si chieda perché il Paese ha bisogno di noi».
Quindi lei consiglia a Renzi di non candidarsi a segretario?
«Io non consiglio niente a Renzi. Penso però sia un errore credere che i voti li prenda uno soltanto perché se ne prendono di più se sono in molti a cercarli. Per essere ancora più chiaro, io sono contrario a una concezione plebiscitaria della politica».
Concezione che però ormai, anche grazie a Berlusconi, è entrata nel sangue di tutti, anche della sinistra…
«Esistono ancora gli anticorpi, basta fare un giro per le nostre feste, tra i volontari, i militanti, gli elettori per rendersene conto».
A proposito, chi deve votare alle primarie?
«Non solo gli iscritti ma anche gli aderenti. Dobbiamo aprirci il più possibile, quindi dovrebbe bastare la sottoscrizione di una manifesto di adesione al partito anche un minuto prima di votare».
Iscritti, aderenti, elettori: quanto è forte la sofferenza per il governo di larghe intese?
«Certo, un anno fa il clima era diverso. Oggi trovo almeno tre sentimenti: delusione e rabbia per la vicenda del Pd, consapevolezza che siamo al governo per fare alcune cose necessarie, speranza per una sinistra che riparta».
Ma la sinistra potrà mai ripartire continuando a rimanere al governo col suo avversario storico?
«Non è un’alleanza politica, è un governo di servizio e di scopo. Che Enrico Letta sta guidando con saggezza e responsabilità. Lui lo ha detto con chiarezza: siamo qui per mettere in sicurezza il Paese. E la sicurezza del Paese passa per alcuni provvedimenti economico-sociali di grande urgenza. Oltre naturalmente alla riforma della legge elettorale perché proprio non possiamo permetterci di tornare al voto col Porcellum».
Invece il leader del centrodestra parla solo di Imu e lancia ultimatum…
«Siamo dentro una crisi che esaspera le diseguaglianze, il governo deve occuparsi innanzitutto della giustizia sociale. Togliere oggi l’Imu anche per chi ha case di lusso e percepisce un reddito elevato andrebbe nella direzione opposta alla necessità di ridurre il peso fiscale sul lavoro. Tra l’altro ho incontrato Letta e sono convinto che si troverà una soluzione condivisa sull’Imu».
E se invece Berlusconi non fosse d’accordo a facesse cadere il governo, cosa succederebbe?
«Succederebbe che prima delle elezioni anticipate sarebbe un dovere verificare in Parlamento l’esistenza di un’altra maggioranza. Soprattutto perché non si può votare con la vecchia legge elettorale quando il Paese ha bisogno di stabilità».
Ultima domanda, Cuperlo: che si fa con Berlusconi condannato?
«Premesso che io non auguro a nessuno di finire in carcere, se c’è un principio va rispettato e se c’è una sentenza, essa va applicata. Quello che proprio non funziona nel centrodestra è l’idea che le regole della democrazia vengano dopo il consenso popolare. Questo si chiama assolutismo, mentre noi siamo in democrazia».

9 agosto 2013 - Gianni Cuperlo alla Festa PD di Bosco Albergati


Venerdì 9 agosto, Gianni Cuperlo è intervenuto alla Festa PD di Bosco Albergati.
Per chiunque si fosse perso l'iniziativa, questo è il link per riguardare l'intervento integrale del candidato alla segreteria nazionale del PD.

GUARDA IL VIDEO DELL'INTERVENTO DI GIANNI CUPERLO

GUARDA LE FOTO DELLA SERATA

venerdì 9 agosto 2013

8 agosto 2013 - Gianni Cuperlo a "In Onda" su La7



Il Partito Democratico si prepara al congresso e alle primarie, accusando la difficoltà di puntare alla stabilità di governo nonostante la condanna di Silvio Berlusconi. Mentre slitta di circa un mese il voto parlamentare sulla decadenza di quest'ultimo, fanno molto discutere alcune pensioni d'oro. Luca Telese ne parla con Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria nazionale del Partito Democratico, nella prima parte di "In Onda".

Guarda gli interventi della prima riunione dei sostenitori di Gianni Cuperlo a Bologna



Giovedì 1 agosto si è svolto, presso la sede della Federazione del PD Bologna, il primo incontro dei sostenitori di Gianni Cuperlo alla Segreteria nazionale del Partito Democratico.
Alla riunione hanno partecipato più di 300 persone e molti sono stati gli interventi.
Sul nostro canale YouTube è possibile vedere tutti gli interventi della serata.
Questo il link:

https://www.youtube.com/channel/UCtTl6DSpdw4kvv2wK1fqIOQ/feed?activity_view=3

giovedì 8 agosto 2013

9.06.2013 - Interviste a Gianni Cuperlo e Salvatore Caronna



29.06.2013 - Intervento di Don Giovanni Nicolini alla Sala Sirenella



29.06.2013 - Intervento di Salvatore Caronna alla Sala Sirenella



29.06.13 - Intervista ad Anna Pariani e Don Giovanni Nicolini



Gianni Cuperlo alla Festa PD di Bosco Albergati


Venerdì 9 agosto, a partire dalle ore 21.00, Gianni Cuperlo sarà ospite della Festa PD di Bosco Albergati organizzata dai circoli Pd di Castelfranco Emilia insieme a quelli di San Cesario, Calcara e Anzola Emilia.

Per maggiori informazioni e per la diretta streaming dell'iniziativa:
www.pdmodena.it

martedì 6 agosto 2013

29.06.2013 - Intervento integrale di Gianni Cuperlo a Bologna

Sabato 29 giugno 2013, si è tenuto a Bologna il convengo organizzato dall'eurodeputato Salvatore Caronna: "L'Italia e l'Europa ad un bivio: le responsabilità della politica". All'incontro ha partecipato anche il candidato alla segreteria nazionale del PD Gianni Cuperlo. Questo il suo intervento integrale.





Gianni Cuperlo: “non possiamo subire gli ultimatum del PDL, faremo la riforma elettorale con chi ci sta”


Intervista a Gianni Cuperlo, La Repubblica
04 agosto 2013


Cuperlo, ci sarà una manifestazione di piazza dei berlusconlani, Bondi minaccia la guerra civile, i parlamentari del Pdl annunciano le dimissioni…e il Pd sta a guardare?
«No, c’è piena coscienza della gravità di quello che accade. Il giudizio della Cassazione segna uno spartiacque e la destra lo affronta nel modo peggiore, calpestando il principio di legalità e il rispetto delle sentenze. Questo non è accettabile. Per quanto ci riguarda, nella massima solidarietà a Letta, noi siamo pronti a tutto. Una legge elettorale si può approvare in tempi rapidi. Siamo al governo e lo abbiamo sempre sostenuto con lealtà per aggredire l’emergenza sociale e fare alcune riforme essenziali. Se la destra vuole cambiare l’agenda con dichiarazioni e minacce incendiarie si assume la responsabilità di precipitare il paese in una crisi che nell’immediato sarebbe un tuffo nel vuoto».
Ma sono accettabili le condizioni poste da Berlusconi e dal Pdl, una riforma immediata della giustizia e la grazia?
«Per quanto riguarda la grazia e il modo improvvido in cui si è chiamato in causa il capo dello Stato è il termine stesso “condizione” a risultare irricevibile. Letta ha descritto nel suo programma quali riforme anche in materia di giustizia. Ma qui per riforma si intende legittimare la reazione scomposta della destra, allora la mia posizione è netta: non si manomettono in un colpo solo la Costituzione e lo Stato di diritto”.
Fino a che punto reggerete?
«La domanda non è quanto possiamo reggere. ll tema è capire sino a che punto questa maggioranza, in sé anomala e nata in condizioni di necessità, è in grado di fare fronte a una emergenza sociale esplosiva, e di farlo senza produrre uno strappo ancora più drammatico tra il paese e la democrazia. Sta qui la gravità di dichiarazioni irresponsabili che evocano scenari da guerra civile. Nel riaffiorare di quel sovversivismo dall’alto che ha segnato in altri momenti della storia d’Italia una deriva pericolosa e reazionaria. Ma devono sapere che quello è un fronte invalicabile».
E’ più importante salvare il governo per il Pd, anche a costo di perdere l’anima?
«Ma è esattamente l’opposto, il sostegno a questo governo nasce perché un’anima ce l’abbiamo e ci ha sempre spinto a mettere l’interesse del paese avanti a tutto. Noi non abbiamo stretto un’alleanza politica con la destra, se stiamo lì è per sbloccare i fondi della cassa integrazione in deroga, per dare fiato alle imprese, per scuotere l’economia, per fare alcune riforme essenziali e prima fra tutte una legge elettorale».
Alle urne subito o ci potrebbe essere un’altra maggioranza?
«Nelle condizioni attuali un’altra maggioranza non c’è ma questo non impedisce di trovare nel Parlamento i consensi necessari a cambiare la legge elettorale, perché la sola cosa impedita è tornare alle urne con queste regole. Letta sta facendo bene, ma lui per primo ha detto che non starà lì a qualunque costo. La realtà è che la sentenza della Cassazione consegna alla destra il dovere di una scelta: se separare la propria identità dalla parabola, politicamente conclusa, di Berlusconi o piegarsi ancora una volta a una logica del tutto estranea alle culture moderate e liberali e che scatena l’ennesimo assalto ai principi costituzionali. Questo è il passaggio rinviato da troppo tempo e che ora deciderà del destino della destra italiana».
Ce la farete a cambiare la legge elettorale?
«Ce la dobbiamo fare. E’ un impegno morale verso gli italiani».
In questa condizione si potrebbe congelare il congresso del Pd?
«Sarebbe un errore. Il congresso è la condizione per ricollocare il progetto nella società italiana e restituire a milioni di persone il senso di una speranza e di una riscossa collettiva».

Cuperlo: "Subito le candidature, fidiamoci della nostra gente"


«O correggiamo le regole assieme oppure è bene che ne discuta il congresso». Gianni Cuperlo, candidato alla segretaria del Pd, è stato applaudito in direzione dal forse-sfidante Renzi quando ha ricordato: «Il congresso sia aperto...». 


27 luglio 2013 
Intervista a Gianni Cuperlo di G.C.
La Repubblica

Cuperlo, ha protestato anche lei contro il cambio in corsa delle regole? 
«Io ho detto che cercare una condivisione sulle regole è un dovere. Naturalmente è una responsabilità che riguarda tutti e nessuno può chiamarsi fuori dalla ricerca della soluzione migliore per il futuro del Pd»
Il Pd ha tentato un blitz anti Renzi? Che non è poi riuscito? 
«Non è questione di blitz. Dobbiamo avere tutti buon senso. Fissare una data certa e consentire in
tempi brevi il deposito delle candidature a segretario è segno di una fiducia nella nostra gente. Ed
è anche lavia più diretta per evitare che il congresso si faccia ovunque, su giornali, tivù, nelle singole
componenti, meno che dove si deve fare nella forma più aperta e inclusiva: il partito e i militanti».
A lei conviene la separazione tra segretario e candidato premier? 
«Non è un problema di convenienza di uno o dell`altro. Non ne faccio neanche una questione solo di regole. Per me è una scelta politica. Io penso che chiunque avrà il compito di guidare il Pd dovrà dedicarsi a tempo pieno a costruire e radicare questo progetto. Per altro oggi un premier c`è e il futuro candidato andrà scelto da un nuovo e largo centrosinistra. Sulla platea degli elettori ha un senso differenziarla da quella del candidato premier, e su questo Fassino in direzione ha detto cose sagge. Però le correzioni vanno fatte assieme altrimenti è bene che ne discuta il congresso. Io dico, ognuno di noi si senta responsabile nel cercare una soluzione evitando veti preventivi».
Bindi ha lanciato l`allarme: per salvare il governo si perde il Pd. Condivide?
«Lei ha posto temi importanti: dalle riforme istituzionali condivise da una maggioranza larga alla legge elettorale indicata da Epifani e altri come priorità, al rilancio del Pd. Quanto alla necessità di sostenere il governo e di incalzarlo sul terreno economico e sociale c`è stata una unità di fondo. E l`applauso alle parole di Letta ne ha dato la misura. Il premier lo ha detto bene: un Pd esigente serve prima di tutto al governo di scopo che lui presiede».
Il Pd si sta facendo del male?
«No, il Pd è una forza viva che sta in campo. Che vuole rinnovarsi anche con un congresso partecipato,
pensando a quell`alternativa che rimane la nostra bussola».
Siete nel caos? 
«Apprezzo lo spirito incoraggiante delle ultime due domande ma la risposta è ancora no. Noi stiamo evitando che nel caos precipiti l`Italia e la vita di milioni di famiglie. La nostra agenda è quella dei cassintegrati per i quali va trovata subito la copertura finanziaria, dei lavoratori di aziende a
rischio chiusura. Lavoriamo per sanare la vergogna degli esodati e dare ossigeno alle imprese. E in
Parlamento per approvare il contrasto all`omofobia e la legge che cambia il finanziamento alla politica»

Cuperlo, gli anni bolognesi «La mia sfida nata al Dams tre mesi dopo il 2 agosto»


Il personaggio - L`aspirante segretario del Pd: «Più che chiedere a Prodi di ripensarci dobbiamo guadagnare la sua fiducia» 

9 luglio 2013
Intervista a Gianni Cuperlo di Pierpaolo Velonà Corriere di Bologna

«Il modello emiliano? Ingiusto parlare di tramonto»
«Ho sempre avuto grande rispetto per la comunicazione politica. Però credo che esista un primato della politica sulla comunicazione: è impossibile comunicare quello che non c`è. Un partito è fatto dalla sua cultura, da valori, programmi e obiettivi. Se questi valori sono condivisi è giusto attrezzare la migliore campagna possibile. Ma prima bisogna capire chi sei, per che cosa ti batti». In questo richiamo al primato della politica sulla freschezza del linguaggio, sulle battute pronte e le campagne virali, c`è tutto il carisma vintage di Gianni Cuperlo, 51 anni, triestino, ex leader della Sinistra giovanile, aspirante segretario del Pd (che molti accusano di voler rifondare i Ds). Parole non scontate, queste di Cuperlo, che per i Ds curò la comunicazione negli anni 2000: una passione nata a Bologna, al Dams, dove aveva studiato dal 198o all`85, laureandosi con una tesi in Comunicazione di massa.
Cosa ci faceva un militante dei Giovani comunisti al Dams, la facoltà simbolo del Movimento?
«In realtà la Fgci di quegli anni era un posto molto laico. Dall`esterno si può pensare che fossimo un`organizzazione burocratica, ma erano anni creativi anche per noi. Con il Pci arrivammo a volte alla rottura sul fronte dell`ambientalismo, del pacifismo, della politica internazionale, del ritiro delle truppe sovietiche. La Fgci fu una grande palestra di formazione politica e civica, non un viatico per le carriere politiche. In tanti di noi ex militanti, al di là delle strade intraprese, resta ancora l`orgoglio di quell`esperienza».
Perché scelse il Dams?
«Mi attraeva questo curioso esperimento che non godeva di una buona critica. Ho sempre difeso la qualità di quel progetto. Ho ricordi intensi di docenti eccellenti come Fabrizio Cruciani, Gianni Celati, Luciano Nanni, Roberto Grandi, tutto il filone a cui mi sono appassionato della sociologia della comunicazione, e ovviamente Mauro Wolf che fu relatore della mia tesi».
Cosa ricorda del periodo universitario? 
«Conservo ricordi di lezioni appassionate e appassionanti. Non vissi quell`esperienza come diversivo ma con impegno. Il primo anno abitavo a Firenze a casa di amici, studiavo e lavoravo e il viaggio da Firenze a Bologna durava un`ora e mezza, tre giorni a settimana. Al secondo anno ritornai a Trieste. Il viaggio durava 4 ore: per dare gli esami partivo alle 4.3o del mattino e arrivavo a Bologna alle 8.3o. Conservo di questo pendolarismo un ricordo piacevole. Fu un periodo formativo, la mia famiglia non era agiata, per loro fu un sacrificio economico».
Come era la Bologna di quegli anni? 
«Una città carica di simbologia e di significati. Il Pci era un partito modello, con una grande capacità di attrazione. Mi iscrissi al Dams tre mesi dopo l`esplosione del 2 agosto. Ricordo in modo nitido l`area Ovest sventrata. Il lunedì trovavo appese alle transenne le sciarpe lasciate dai tifosi delle squadre che giocavano contro il Bologna. La città era segnata».
A Bologna è legato un altro momento clou della sua vita: la svolta di Occhetto, che lei visse da leader della Fgci... 
«Ero stato eletto l`anno prima, nell`88. La Bolognina fu la scelta giusta, probabilmente era l`unico modo di cambiare, anche con un atto di rottura che apparve brusco. Il limite semmai fu quello di non risolvere il nodo di fondo della nuova identità, si preferì ripiegare nell`ideologia del nuovo e dell`oltre».
Il tramonto di Bersani segna la fine di un certo modello di partito dal Dna emiliano?
«Non mi piace parlare di tramonto. Sarebbe ingeneroso rovesciare sulle spalle di Bersani la responsabilità di ciò che è accaduto. Bersani ha guidato il Pd con grandi risultati. Ciò che è avvenuto a febbraio e dopo riguarda tutti noi. Ora più che sul modello emiliano dobbiamo riflettere su quale modello dare all`Italia».
La accusano di voler rifare i Ds... 
«Nessuno vuole tornare indietro. Sarebbe irresponsabile. La sfida non è fare un Pd più piccolo e di sinistra, ma più grande ed europeo, in grado di rappresentare la società italiana, ad esempio le due o tre generazioni che vivono nella precarietà lavorativa ed esistenziale e che devono trovare nel Pd un punto di riferimento».
Se la dovrà vedere con Matteo Renzi...
«Renzi ha conquistato in poco tempo un posto di rilievo nel Paese. Mi auguro che il confronto sia sull`idea di partito e di Paese. Lui ha detto che non gli interessa cambiare il Pd ma l`Italia. Ecco, io penso che per cambiare l`Italia bisogna prima cambiare il Pd».
Resta il trauma della mancata elezione al Quirinale del padre fondatore, Romano Prodi, che non ha rinnovato la tessera... 
«Più che rivolgere a Prodi un appello generico a ripensarci, dobbiamo meritarci la sua fiducia dopo la ferita di quei giorni tormentati».
Ma lei Prodi l`ha votato?
«Certo, sia Marini che Prodi. E ho votato Rodotà durante uno scrutinio di passaggio».

lunedì 5 agosto 2013

Cuperlo conferma la sua candidatura: “non voglio proprietari nel partito”


Intervista a La Repubblica del 14 giugno 2013

Gianni Cuperlo sfiderà Matteo Renzi per la segreteria del Pd, se alla fine il sindaco di Firenze sarà in campo. «Lui dice merito e carità. Ma è diverso dire uguaglianza, talenti e dignità. Sarà un confronto libero e aperto». Cuperlo vuole tenere separati i ruoli di segretario e premier, ma detta i tempi del governo Letta: «Faccia le riforme istituzionali. Poi si torna al voto».
Quali sono il percorso e i tempi giusti per il congresso del Pd?
«Un percorso trasparente e tempi rapidi. Siamo un partito, e non è poco. Abbiamo appena ottenuto un risultato straordinario nel voto amministrativo. Ma guai a ignorare quell’astensione che dice del divorzio tra le istituzioni e le persone che spesso stanno peggio. Alle spalle abbiamo anche la delusione di febbraio, il trauma del voto su Marini e Prodi, le dimissioni dell’intero gruppo dirigente e sarebbe ipocrita scaricare quel peso solo su Bersani. Per me il congresso è questo».
Anche il Pd, come dice Bersani, corre un rischio di leaderismo?
«Bersani ha tutte le ragioni nel dire che il modello di partito-proprietà non è il nostro. Basta vedere l’involuzione degli altri. Il Pd è una scommessa diversa, ripensare la partecipazione nel cuore di una crisi della democrazia. Questo non vuol dire fare a meno dei leader. Vuol dire rinnovare il sentimento che lega una classe dirigente al popolo che si sceglie di rappresentare. La destra può fare a meno di questo. Noi no».
Esiste un modo per battere Renzi?
«Ma noi non dobbiamo battere Renzi, dobbiamo battere la destra. Renzi è un talento del Pd. Con lui e con altri è utile discutere sulle cose. Dell’idea di partito, di paese, di un mondo dimenticato. Lui dice merito e carità. Sono termini alti. Ma è diverso dire uguaglianza, talenti e dignità. Sarà un bene confrontarsi in libertà».
La sua piattaforma sarà contro le larghe intese?
«Dobbiamo sostenere il governo lealmente e con autonomia sapendo che siamo seduti su una polveriera. La crisi sta divorando le sicurezze più elementari a partire dal cibo sulla tavola. Bisogna aggredire il dramma sociale ed economico. Ma questa è una condizione di emergenza e, fatte le riforme istituzionali necessarie, bisognerà tornare al voto e all’alternanza».
Il congresso alimenterà il correntismo?
«Non debellare la malattia sarebbe irresponsabile. Un correntismo esasperato è cosa diversa dal pluralismo. Quella logica si rompe investendo sulla cultura politica e anche con regole certe e una volontà unilaterale. Io ci sto».
Quindi conferma la sua candidatura alla segreteria.
«È una sfida che fa tremare le vene ai polsi, lo so. Io lavorerò a una mescolanza vera. Penso sia giusto distinguere tra segretario e premier. Mi sono convinto che la stima verso il Pd e i partiti possa rinascere anche da lì, dal fatto che governare è decisivo, a partire dalle città, ma che i partiti devono esistere anche fuori dalle istituzioni, soprattutto se sanno mutare logiche e consuetudini del potere».
È un danno o un vantaggio essere il candidato di D’Alema?

«Groucho Marx avrebbe risposto “spero non sia un danno per lui”. Detto ciò credo in una società dove nessuno debba essere “di qualcuno” se non della propria responsabilità. Mi piacerebbe valesse anche per me».

Cuperlo: «Le correnti sono un virus»


«Investiamo sul congresso con una discussione libera. Basta indignarsi per il correntismo e poi rivendicare spazi e cariche in virtù di questo».

Intervista a l'Unità del 9 giugno 2013

«Epifani ha fatto benissimo a sollevare il tema », dice Gianni Cuperlo riferendosi all’uscita del segretario Pd contro la «piaga del correntismo». E la stagione congressuale, dice, dovrà essere «l’occasione per una discussione vera». «Perché sa cosa è peggio del correntismo? L'ipocrisia sul correntismo. Indignarsi per quel modello e poi rivendicare ogni quota di spazio o carica in ragione dell’appartenenza alla corrente propri. Penso che questo virus stia divorando il Pd. Se non troviamo l’antidoto l’esito è scritto: cancelleremo il merito e allontaneremo un sacco di persone appassionate».

Ma le correnti riflettono il pluralismo del Pd, o no?
«Il pluralismo è la linfa del Pd. Se umiliamo questa ricchezza perdiamo una dote preziosa. Lo dico pensando alla scelta di Follini di guardare altrove. Mi spiace molto ma se accade è anche perché le nostre differenze devono trovare un tratto comune di identità. Di fronte alla enormità delle cose, alla crisi più brutale del secolo e a un’Europa che cambia volto, c’è un iscritto,un militante Pd, che saprebbe dire le differenze di impianto e visione tra le dieci o quindici correnti irrigidite che si dividono oggi la gestione del partito?»

Allora come se ne esce?
«Penso in due modi. Il primo è investire nel congresso con una discussione davvero libera, dal respiro strategico. Anche ponendoci la domanda su come tutto ciò sia potuto accadere, dal momento che nessuno a parole lo voleva. Non ho mai pensato che un congresso sia solo la scelta di un nome. Noi dobbiamo ricollocare il Pd nella società italiana e nella storia d’Europa. Ma questo lo fai se la limpidezza delle piattaforme aiuta ognuno a entrare nel merito e a mescolarsi partendo dalla sostanza dei problemi e non dalle ambizioni dei singoli».

E l’altro modo?
«È restituire all’idea del partito una finalità che non si esaurisce nella sola dimensione istituzionale. Lo so che è un punto delicato, ma è il punto. Figuriamoci se non è giusto riconoscere la funzione di governo, soprattutto adesso con Letta a Palazzo Chigi o con la forza di tanti nostri amministratori a cui da domani si sommeranno i risultati importanti dei ballottaggi, a cominciare da Roma. Ma da troppo tempo si vivono le responsabilità dentro il Pd come il trampolino in vista di qualcos’altro. Penso sia venuta la stagione per investire molto di più sul progetto. Dirigere il partito, a ogni livello, è una prova di maturità che deve tornare a essere appassionante. Non la corvée obbligata in vista di un incarico diverso mala scelta di dedicarsi alla sfida più difficile che è conquistare un paio di generazioni all’impegno, alla scelta di una parte, che poi è la vera molla che scuote le persone».

È anche una questione di regole e di riforma dello Statuto?
«È questione di regole e di stile. Dotarci di organismi snelli, in grado di discutere e decidere. Limitare doppi e tripli incarichi, garantire una quota delle risorse ai circoli, tanto più che avremo presto una legge nuova sul finanziamento pubblico e su questo sarebbe giusto capire come non uscire dall’Europa, dove le forme di sostegno alla politica esistono e sono una garanzia di democrazia».

Come giudica la possibile candidatura di Renzi alla segreteria del Pd?
«Se ci pensa vuol dire che la sorte del Pd gli sta a cuore. Come a ciascuno di noi».

Epifani ha detto a Berlusconi di smetterla con i ricatti a Letta: teme che il leader Pdl apra la crisi in caso arrivino delle condanne?
«Se la destra continua a dire “si fa così o cade il governo”, mostra ancora una volta di non aver capito nulla e quale dramma vivono famiglie, lavoratori, imprese. I fatti di Terni ne sono stati l’ennesimo termometro. Adesso c’è questo ultimatum alla Merkel che, vorrei sommessamente ricordare, guida un partito alleato in Europa del Pdl. Ora, la memoria non è un esercizio diffuso, ma è il governo Berlusconi che ha aperto la strada alla peggiore ricaduta del rigorismo a senso unico, addirittura accelerando al 2013 il pareggio di bilancio che Commissione e Consiglio Ue avevano fissato al 2014. La realtà è che a destra prosegue una campagna elettorale permanente. Mentre Letta e Giovannini cercano giustamente la via della ripresa a cominciare da un piano europeo per il lavoro ai giovani. Dunque ha ragione Epifani a lanciare l’altolà. Noi siamo seri e leali, ma non ingenui».

Diceva del lavoro: quali sono le priorità?
«Bisogna che sul banco degli imputati salgano finalmente le esclusioni di milioni di giovani e donne, ma anche dei cinquantenni espulsi dalla produzione. Per contrastare la svalutazione del lavoro e le diseguaglianze più oscene servono anche piani di spesa pubblica concordati su scala europea, finanziati dalla Bei e con un impegno diretto della stessa Bce. Il punto è rimettere in moto l’economia reale anche con meccanismi di solidarietà nella gestione del debito, nelle politiche fiscali e di investimento da realizzare fuori dai vincoli di bilancio. La verità è che solo investendo come mai prima sull’impiego dei giovani e delle donne noi possiamo rialzarci. Ma anche questa è una sfida che si vince solo con l’Europa».

Difficile, però, se Berlusconi si mette a fare l’antieuropeista: può esserci una diversa maggioranza in questa legislatura?
«Starei ai fatti. C’è un governo che affronta le emergenze e che ha incardinato le riforme istituzionali con tempi e scadenze certe con una centralità del ruolo del Parlamento. Che, se vuole, può lavorare su alcune leggi di buon senso e saggezza in materia di diritti civili e su altre possibili riforme a costo zero. È un’occasione da non sciupare. Per questo spero che i parlamentari del M5S trovino la forza e le parole per reagire a un Capo che piega la sua polemica furiosa contro le istituzioni a una inclinazione violenta e autoritaria. Sono cose già accadute in passato, e i danni per la democrazia sono stati profondi».

Parlava di riforme: cosa deve fare il Pd di fronte a un Pdl che insiste sul presidenzialismo e rinvia il nodo della legge elettorale?
«Noi dobbiamo essere coerenti. Abbiamo detto “mai più col Porcellum”. E mai più deve essere. Quindi il tema della legge elettorale si pone. Si dice che quello sarà l’esito della riforma e non la premessa. Capisco la logica ma il rischio di tornare al voto con queste regole va eliminato alla radice. La bussola è una legge che garantisce governabilità, alternanza e la scelta da parte dei cittadini dei loro rappresentanti. Su forma di Stato e di governo la discussione è aperta e il Pd dovrà definire una posizione il più possibile unitaria coinvolgendo nel confronto e nelle scelte la platea più larga,a cominciare da iscritti e militanti. Quanto al merito, se posso dirlo, non ho trovato sinora argomenti sufficienti da farmi superare dubbi e riserve su una soluzione presidenzialista che comunque richiederebbe ben altro contesto».