martedì 29 ottobre 2013

Gianni Cuperlo, il Partito Democratico e la capacità di "prevedere il presente"

Articolo di Roberto Finzi*

Un gran personaggio intellettuale e politico del ‘700 francese, il cui nome si trova in tutti i manuali ma il cui pensiero, come spesso capita, è poco noto scriveva, giovane, per se stesso: “ la legge dell’aberrazione  non è limitata all’ astronomia. Si estende a tutti gli oggetti della conoscenza umana e soprattutto alla politica. Ogni specie di luce non viene a noi che attraverso il tempo, più la progressione è lenta, più l’oggetto, travolto dal movimento rapido che allontana o avvicina tutti gli esseri, è già lontano dal luogo in cui lo vediamo: prima che noi abbiamo appreso che le cose stanno in una situazione determinata, esse ne hanno già cambiata molte volte. Così apprendiamo sempre gli avvenimenti troppo tardi e la politica ha sempre bisogno di prevedere, per così dire, il presente “.
Può farlo, in una società complessa come la nostra, solo attraverso la composizione di molte esperienze e molti saperi. In una parola per il tramite di un partito, strumento che va rinnovato, e molto rispetto a quello “ novecentesco”, un termine che in bocca a molti ( troppi) sembra una oscenità. Un congegno che invece resta essenziale a una politica democratica. Ce lo dice, del resto la costituzione ( altro attualissimo “ arnese” novecentesco ) che lo delinea come “ corpo” in grado di riunire ed elaborare esigenze e conoscenze per poi tradurli in concreti provvedimenti nelle sedi istituzionali deputate.
Sui modi del suo indispensabile rinnovamento-mutamento in relazione, in primis, ai cambiamenti, rapidi, della società e a come in concreto si è trasformato nel tempo a causa di necessità oggettive ma anche, e non poco, di soggettivi stravolgimenti delle sue funzioni ha detto cose interessanti Fabrizio Barca. Che non van prese per oro colato – è lui stesso il primo a dirlo – ma che di certo costituiscono un utile punto di riferimento.
In particolare mi sembrano essenziali tre irrinunciabili premesse: 1. l’abbandono, il definitivo seppellimento, di una concezione leaderistica del partito; 2. la netta separazione tra funzioni di partito e funzioni pubbliche; 3. La necessità che i saperi diffusi, e molecolari, che il partito deve sapere cogliere, organizzare, ridurre a concrete soluzioni sottoposte a verifica e “ sperimentazione” siano – debbano essere – collocati in un quadro di valori comuni.
Questi ultimi definiscono, per così dire, il “ perimetro” sociale, culturale e politico del partito. E per questo e con questo un linguaggio comune, attraverso cui i militanti si esprimano riferendosi ai medesimi oggetti. La sua elaborazione – basta riflettervicisi un istante – è parte costitutiva di una “ identità” ( del partito e dei suoi militanti) che non può prescindere da una approfondita analisi, valutazione e riappropriazione critica delle sue radici, che sono un complicato, tortuoso fatto storico non un proclama ideologico. Ne consegue la necessità anche di un lungo, paziente, per nulla scontato lavoro di formazione dei militanti.
Perché Barca sino ad ora non abbia voluto esplicitare la sua personale propensione per una delle candidature alla segreteria del PD in campo, non so. Attiene a sue private, insindacabili, valutazioni.
Per quanto mi riguarda la sua elaborazione mi ha rafforzato nel convincimento che la persona adatta oggi a guidare il PD sia Gianni Cuperlo nelle cui posizioni vedo la capacità di “prevedere il presente” che dovrebbe caratterizzare ogni buon politico. Ma al di là della sua solida e persuasiva personalità va sottolineato che solo lui, tra i candidati in lizza, rifiuta ogni torsione leaderistica del partito e della sua direzione. Cosa che – non c’è bisogno di ri-cordarlo – non si può proprio dire di Renzi! E nemmeno – nei comportamenti – di Civati.
Cuperlo si è impegnato pubblicamente e, direi, solennemente, a dedicarsi, se vincerà, in modo completo al partito, prefigurando in tal modo la separazione tra funzioni di partito e funzioni pubbliche. Un processo che - ovviamente – avrà bisogno di passaggi successivi, perfezionamenti, attuazione in tempi giusti e forme adeguate. Nei suoi scritti e nei suoi discorsi sono esemplificate in modo inequivoco la sua adesione al metodo dello “ sperimentalismo democratico” e la rappresentazione di un quadro di valori. Di conseguenza un linguaggio comune, la cui mancanza è foriera di equivoci gravi. Babele è la premessa dell’incomprensione e dell’impotenza politica.
Se questo sarà il progetto di partito che uscirà dal congresso la sinistra italiana potrà disporre di un potente strumento di crescita civile per tutto il paese. Influendo, senza possibilità di fraintendimenti, anche sul modo d’essere degli avversari. E Dio sa quanto l’Italia e l’Europa necessitino di destre e centrodestra adeguati alle sfide dei tempi e non adagiati e sguazzanti in più o meno truci populismi.


*Roberto Finzi ( Sansepolcro 1941 ) ha insegnato Storia Economica, Storia Sociale, Storia del pensiero Economico negli Atenei di Bologna, Ferrara e Trieste. Ha pubblicato con alcune tra le più prestigiose case editrici italiane ed europee ( Einaudi, Laterza, Il Mulino, Edizioni di Storia e Letteratura, PUF, Cambridge University Press). Suoi scritti sono apparsi, oltre che in Italia, in Argentina, Belgio, Brasile, Cina, Francia, Gran Bretagna, Giappone, Spagna, Stati Uniti. 

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