giovedì 28 novembre 2013

“Una grande quantità di uomini e donne di qualità”

L' Italia ha bisogno della scuola, la scuola ha bisogno di certezze.


Prima di scrivere un programma per la scuola e la formazione è necessario
porsi due domande:
1) Quale scuola vogliono gli italiani ?
Nonostante,nei lunghi anni di governo della Destra, i tagli nell'orario, nella
didattica, nelle risorse siano stati accompagnati da una campagna di
denigrazione senza precedenti nella storia della Repubblica, e nonostante il
peso fiscale sia sempre più gravoso da sostenere per una grande parte delle
famiglie, gli Italiani sono consapevoli dell'importanza della scuola e della
formazione, per il presente e per il futuro.
Gli studenti ed i giovani lo hanno dimostrato con ripetute manifestazioni
importanti. Molti genitori si battono da anni per la salvaguardia delle migliori
esperienze. Gli insegnanti non si rassegnano a subire una riduzione costante
del ruolo sociale della scuola e della professione docente.
Un grande numero di insegnanti, dirigenti e tecnici ha testimoniato nel
concreto la propria profonda convinzione del valore della scuola. In una
scuola ferita e impoverita, hanno proseguito il loro lavoro, cercando di
resistere ai tagli e mantenere il miglior livello possibile con un impegno
professionale sempre maggiore.
Si tratta di uno sforzo generoso, cui non si può chiedere di durare
indefinitamente.
Il primo dovere della politica è ascoltare, raccogliere queste volontà e sulla
loro forza costruire il cambiamento.
2) A cosa serve e a cosa deve servire la scuola?
La scuola diffonde e produce cultura e la cultura è un valore in se, anche a
prescindere dall'economia.
Ma la scuola è essenziale per far ripartire la società italiana impoverita e
bloccata dalla crisi, è essenziale per lo sviluppo e la sua qualità.
Non si può e non si deve ridurre il compito sociale della scuola alla selezione
e formazione della classe dirigente.
Oggi, in un mondo sempre più piccolo la medesima competizione globale
richiede al nostro paese di diventare una società con una grande quantità di
uomini e donne di qualità. E' necessario quindi un avanzamento generale
delle condizioni culturali diffuse.
E la scuola resta il principale soggetto che può contribuire a raggiungere
questo obiettivo.
D'altra parte sono proprio i gravi risultati delle recenti indagini OCSE a far
riflettere sulla necessità di una intera società competitiva non solo sul ruolo di
ristrette eccellenze.
La scuola italiana non è troppo grande.
Deve essere più efficiente ma non abbiamo: ”troppa scuola”.
Bisogna puntare alla sua promozione e non alla sua riduzione. Non è solo la
solidarietà che ci spinge a volere una scuola che non lascia nessuno fuori
dalle sue porte ma è la crisi medesima che lo impone.
Al contrario il paese ha bisogno di una buona scuola, inclusiva, basata
sull'obiettivo di innalzare il livello culturale e civile dell'intero Paese, formativa
ed educativa, dotata di edifici sicuri e di strumenti adeguati, basata su
percorsi a tempo lungo e inserita in un più vasto sistema di educazione
continua, per tutto l'arco della vita.
La crisi continua , una svolta e' mancata.
Il Governo Letta ha fatto una prima inversione di marcia rispetto ai tagli ma
resta intera la sofferenza nella vita concreta della scuola.
---scuola ridotta nell'orario e nella qualità nella primaria, nelle discipline e nei
laboratori nelle superiori
---contratti fermi
---fondi disponibili per gli istituti ripetutamente tagliati
Un rinnovato centrosinistra deve fare della priorità della scuola una sua
identità. La scarsità delle risorse non cambierà, ma proprio per questo ci
vuole una decisione politica, condivisa con i cittadini, sulle priorità.
Se c’è un settore per il quale è giusto che altri ambiti rinuncino a qualcosa, è
quello della ricerca e della formazione, dell'Università e della cultura.La
scuola e la formazione devono tornare al centro del confronto politico e
dell'azione di Governo.
Ma la complessità delle scelte da fare e la difficoltà della loro gestione
richiede una “intelligenza diffusa” che affermi la discussione,
l’approfondimento, la cooperazione, così nelle politiche scolastiche, così nella
vita delle scuole.
La strada è quella della autonomia , che va confermata e ripensata e
concretamente sostenuta, molto più di quanto non sia finora avvenuto.
La scuola dell'autonomia deve avere un quadro nazionale di risorse certe e di
programmi innovativi, che raccolgano, con una pratica di ascolto e
partecipazione, il meglio che si è fatto e si fa.
L'autonomia è necessaria per raccogliere l’evoluzione culturale, la diversità
dei soggetti che alla scuola si rivolgono con proprie e legittime aspettative,
per realizzare un sistema formativo che sappia operi per tutti i cittadini
indipendentemente dalla loro età e provenienza, per valorizzare le differenze
territoriali, per non disperdere tradizioni specifiche ed esperienze in campo
educativo.
Ma l'autonomia non è stata gestita sempre come era necessario: il Ministero
e i suoi uffici decentrati, hanno di fatto compiuto scelte contrarie, e, nel
quadro di un centralismo mai terminato, le scuole non hanno saputo e voluto
praticarla in tutte le sue potenzialità.
Anche le Regioni e le comunità locali devono recuperare un serio ritardo,
sviluppando politiche di riconoscimento del ruolo della scuola e di
potenziamento delle reti di collaborazione. Le Istituzioni locali debbono
considerare gli istituti scolastici, la loro programmazione ed i loro progetti, e
non solo le loro difficoltà, non un nuovo concorrente da affrontare, ma
soggetto determinante delle politiche territoriali, con la cui collaborazione si
può agire per migliorare la qualità della vita della cittadinanza. E’ aperta una
fase in cui gli enti territoriali devono superare la visione di governo, per la
scuola, di specifiche competenze (locali, trasporti, edilizia). Il compito è più
vasto e qualificato perché si tratta di collaborare alla gestione delle scelte
culturali. La messa a disposizione delle risorse culturali territoriali, la
facilitazione delle relazioni coi soggetti economi e no profit, l’indicazione delle
specificità dei cittadini e dei luoghi che servano a creare identità territoriali.
Si tratta di un nuovo modo di affrontare la politica scolastica, con la
consapevolezza che si entra su territori in cui la competenza amministrativa
deve confrontarsi con l’esperienza e il mandato formativo. Serve da parte di
tutti rispetto, studio, generosità.
Anche il tema centrale della valutazione non si può separare da un nuovo
modello di vita e governo del sistema orientato all' autogoverno e alla
programmazione degli obiettivi formativi da parte delle scuole, con il pieno
protagonismo dei docenti e un confronto costante con le istituzioni del
territorio ed i soggetti culturali e sociali che lo animano.
Le prove valutative promosse nazionalmente devono avere un valore di
monitoraggio e di orientamento, devono servire ad individuare criticità e ad
intervenire sulle emergenze. Una valutazione decentrata deve orientarsi a
verificare la rispondenza fra la programmazione di obiettivi di qualità e il
concreto operare delle scuole.
La valutazione intesa come continue prove a quiz che è inserita sempre di più
anche nella didattica, va sostituita con una valutazione partecipata che, nel
mantenere criteri di oggettività e trasparenza, sia davvero promotrice di
qualità.
Il disagio profondo indotto da controriforme penalizzanti non deve far
scomparire il senso della necessità di grandi scelte di cambiamento, in ogni
ordine di scuola.
Vogliamo una buona scuola dall'Infanzia (preceduta da una rete di asili Nido
diffusi e sostenuti come essenziali servizi educativi) e una scuola di base
articolata in cicli forti e in continuità,fino al biennio di compimento dell'obbligo,
con tempi di scuola distesi e ricchi.
Nei percorsi successivi, nella scuola secondaria, vogliamo la valorizzazione
sia degli indirizzi umanistici sia degli indirizzi tecnico-scientifici,cancellando
l'impoverimento degli istituti tecnici e delle scuole legate alle vocazioni
produttive dei territori che invece è stato perseguito dai ministri della Destra.
I migliori talenti devono poter sbocciare e vanno sollecitati a crescere ma
nell'ambito di un sistema scolastico e formativo superiore capace di assicurare, al termine della sua frequenza, tendenzialmente a tutti i giovani,
un valido titolo. Il patrimonio umano che viene disperso nell'abbandono
scolastico e nella dequalificazione della formazione è indispensabile e il suo
spreco non può più essere tollerato.
Una buona scuola sarà quella che affronterà il tema del precariato di tanti
professori, spesso vitali al funzionamento di molte realtà scolastiche,
cercando una soluzione condivisa e tecnicamente praticabile.
Pensiamo ad un sistema formativo integrato, dove attorno e dentro la scuola
sia possibile accedere alle principali risorse culturali della città, del Quartiere,
nel territorio. Pensiamo ad una scuola che accolga e valorizzi la pluralità di
culture e linguaggi, saperi ed emozioni, a cominciare dall'arte e dalla musica,
che abbia particolare cura per le competenze garanzia di una cittadinanza
attiva: la comunicazione nella lingua madre e nelle lingue straniere; le
competenze matematiche, scientifiche e quelle tecnologiche, multimediali e
digitali; le competenze sociali e civiche; lo spirito di iniziativa; la
consapevolezza dei diritti e dei doveri, per sè e nel rapporto con gli altri.
Non basterà una azione di governo di routine della scuola, per contribuire in
Italia a realizzare nella cultura e nell'educazione una Europa progressista che
superi l'Europa del liberismo e dell'impotenza. I temi che abbiamo citato
rimandano all'assetto generale della scuola italiana. Per questo non sarà
sufficiente affrontarli come singolarmente, ma occorrerà che il Governo, le
Regioni e le Autonomie Locali, e il sistema scolastico avviino un percorso
"costituente", con una vasta partecipazione, per un ripensamento
complessivo, per la ridefinizione di valori, obiettivi, contenuti, modelli
organizzativi della scuola.
Siamo studenti, insegnanti, direttivi e amministrativi, amministratori degli Enti
Locali, ricercatori ed esperti, siamo genitori impegnati nella vita delle scuole,
vogliamo promuovere occasioni di ascolto, di scelta, di decisione nelle realtà
nelle quali viviamo ed operiamo ed a livello cittadino e provinciale.
Ci interessa ESSERCI . La nostra non è, non sarà, un'adesione “ a scatola
chiusa”, un voto cieco per una immagine, VOGLIAMO DISCUTERE,
PARTECIPARE, AGIRE, in queste Primarie, e dopo.
Perché la scuola ha bisogno di certezze.

Gruppo “Cultura&scuola” del Comitato BolognaxCuperlo
Hanno rielaborato suggerimenti di tanti, emersi sia nella campagna elettorale per Pier
Luigi Bersani, sia nel Gruppo “Cultura e scuola per Cuperlo” : Davide Ferrari, Gabriele
Chessa, Rosanna Facchini, Franco Frabboni, Graziella Giorgi, Giovanni Sedioli,
Anna Chiara Strappazzon, Bijoy M. Trentin

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